Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

martedì 27 maggio 2014

Angiola BIANCHINI

  

di Angela Frattolillo

(Mantova, 13.2.1836 – Fano 16.3.1915), educatrice, pedagogista, filantropa

Varie e intricate vicende umane, com’è sovente la trama dell’esistenza,  conducono Angiola Bianchini dalla nativa Mantova a Fano nel 1869, quando è vivissimo il fermento dell’Unificazione nazionale. Angiola, figlia del falegname Carlo e della casalinga Caterina Rinaldi,  rimane orfana di padre a 9 anni.
 Con la madre vedova e la sorella maggiore Cecilia va a Guastalla, dove è documentato l’impegno di Cecilia come direttrice e istitutrice in un asilo, coadiuvata da Angiola. Impegno che ha meritato la lode per entrambe le ragazze dal sacerdote Ferrante Aporti, che ebbe modo di visitare l’asilo il 20 ottobre 1845.
Il resto è spiegato in un articolo scritto alla sua morte, nel 1915, dall’amico Beniamino Grossi: “ Non compresa da chi doveva goderne le gioie, disperatamente dovette abbandonare l’indegno compagno il 25 dicembre 1862! Non fu però abbandonata dalle amiche di Guastalla che ne apprezzavano già le doti preclare, né dall’Amministrazione Provinciale di Reggio Emilia che concorsero moralmente ed economicamente a darle aiuto, perché potesse conseguire a Vercelli il diploma Magistrale di grado superiore”.



Da queste parole si deduce che Angiola ha insegnato egregiamente a Guastalla pur senza avere l’idoneo titolo di studio, che fu conseguito in età tarda, a 27 anni e a Vercelli (Piemonte), dopo il fallimentare matrimonio con tale Marco Simonazzi.
Ma qual era l’ordinamento scolastico di quei domini vigente nel momento storico del passaggio all’Unificazione territoriale e del travaglio dalla legislazione asburgica a quella italiana?
Gli Asburgo, preoccupati della crescita dei ceti medi e medio-piccoli indispensabili all’Amministrazione e ai quadri tecnici, si erano occupati solo dell’istruzione secondaria e superiore, trascurando quella elementare e popolare, che era demandata alle parrocchie.
Il Rescritto imperiale del 16 settembre 1849 rinnovò l’ordinamento scolastico, distinguendo ben sei categorie di Scuole elementari.
Per insegnare nella “minore” era sufficiente averla frequentata con profitto lodevole.
E’ evidente, quindi, il caso della Bianchini a Guastalla, la quale a Novara ha conseguito la licenza superiore quadriennale affiancata dal semestre di Corso di Metodica, richiesto per l’insegnamento nelle scuole elementari “maggiori”.
 Rimane il problema dell’insegnamento ai piccoli intrattenuti nei “ricoveri” e “scaldatoi”.
 Problema spinoso molto dibattuto nel tempo della rivoluzione industriale: la tutela dei minori precocemente avviati al lavoro si assommava infatti alla necessità di alleviare le famiglie lavoratrici insieme all’educazione da impartire, essendo carente quella materna.
E’ il sacerdote Ferrante Aporti, nato il 20 novembre 1791 a S. Martino dell’Argine, borgo di Mantova, che , dopo aver studiato le infant-schools inglesi, francesi ed inglesi di Oberlin, Owen e Wilderspin, promuove in Italia nuove istituzioni educative sottraendo l’istruzione popolare alle parrocchie.
Dopo la fondazione a Cremona, nel 1827, del primo asilo per i figli maschi delle famiglie agiate, con il concorso della locale Congregazione di Carità, di generosi oblatori e del Decreto Governativo del 1831, Aporti istituisce asili per i piccoli  poveri, organizza per loro una rete di assistenza creando asili con attività programmate, secondo il metodo misto F. Pestalozzi- Girard.
 L’aristocrazia lombarda accoglie con entusiasmo tali iniziative e con Giuseppe Sacchi, segretario per la commissione degli asili a Milano, affida a F. Aporti la vigilanza degli asili e la preparazione delle maestre.
A Mantova è il marchese Giuseppe Valenti Gonzaga a favorire l’iniziativa aportiana, facendo del suo palazzo il cenacolo culturale, il salotto politico della città ove emerge don Enrico Tazzoli, suo nipote,  brillante insegnante di filosofia nel Seminario.
Questi personaggi, a cui la Bianchini esprime devozione, stima e riconoscenza, fanno dedurre la permanenza a Mantova di Angiola nell’età prescolare e la frequentazione degli stessi.
Il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla retto da Maria Luigia d’Austria si connotava per le attenzioni governative alle condizioni dei sudditi, incoraggiando con elargizioni le scuole primarie e le iniziative di Aporti.
 Sul suo metodo  fu fondato un asilo nel 1841.
E’ in questo humus culturale e pedagogico che si forma Angiola Bianchini alla vigilia dell’Italia Unificata.
 Si estende quindi a tutta la penisola la riforma attuata dal marchese Carlo Casati per il Regno di Sardegna.
 I due cicli biennali della scuola primaria gratuita, ma non obbligatoria si frantumano in 24 categorie di maestri rurali ed urbani suddivisi in sottoclassi, in corsi inferiori e superiori, diversificati per sesso e stipendi. Ignorata la scuola della prima infanzia, che si impone alla legislazione unitaria, nello squilibrio sociale, economico e culturale tra Nord e Sud, come essenziale e primaria questione per l’elevazione del popolo attraverso l’istruzione, nella prospettiva dello sviluppo del Paese.
Nel tessuto della cultura italiana, fondamentalmente spiritualista, il Positivismo agì per i suoi aspetti filosofici come potente reattivo mostrando una nuova sensibilità per le varie forme della socialità: la scuola, l’educazione, la divulgazione.
Come Angiola sia finita, ad un certo punto, ad Urbino non si sa. Di certo ha avuto l’esperienza di educatrice fra le mondine nel vercellese, dove aveva fatto il tirocinio.
Quella condizione drammatica delle madri massacrate nei 40 giorni della vita del riso in 15/16 ore lavorative diurne, piegate nell’acqua, tormentate dai morsi di moscerini, tafani e zanzare, insidiate da malattie reumatiche, infettive e dalla leptospirosi, non ha potuto mai dimenticarla.

 Insieme alla loro disperazione di non sapere a chi lasciare i piccoli e dove, fra tutte quelle cascine sparpagliate.
Le mondine
 Certo è che Angiola Bianchini insegna e dirige egregiamente l’asilo “Lorenzo Valerio” ad Urbino dal 1864, con soddisfazione delle famiglie e del Comitato presieduto dal conte Bernardino Staccoli che ne rende pubblico encomio (lettera 8.3.1869).
 Perché abbia scritto al Comitato promotore per proporsi quale Direttrice per il nuovo asilo d’infanzia da istituire a Fano non si capisce, visti gli elogi per le note virtù e la speciale “perizia”.
 Fatto sta che in data 24 aprile 1869 Giorgio Amiani, presidente del Comitato, invita la Bianchini a recarsi per due o tre giorni, con sollecitudine, nella sede fanese per trattare personalmente e concordare i lavori di impianto.
Comincia così la fervida, attenta, operosa attività pedagogica di Angiola Bianchini - documentata nella sua ordinatissima scrittura nei resoconti degli esercizi dell’Asilo dal 1869 al 1875 -  nella città di  Fano, che è caratterizzata da un eccezionale dinamismo politico.
Qui la classe dirigente, timorosa dell’ingerenza del Governo nella sussistenza delle plebi e nell’organizzazione del lavoro, preoccupata dal dilagante socialismo, si rafforzò nella convinzione che la Beneficenza strutturata in Pie Fondazioni fosse l’unica modalità per affrontare il problema sociale.
A Fano esistevano numerose Opere Pie originate e rinsanguate da doviziosi lasciti e legati testamentari che sovvenzionavano i vari settori dei bisogni. Il R.D. del 30 luglio 1864 aggregava 14 Opere Pie nell’Unica Congregazione di Carità.
I Decreti del Governatore Lorenzo Valerio, Commissario generale straordinario nelle Province delle Marche, diramano precise istruzioni sulle modalità di incameramento e amministrazione dei Beni ecclesiastici e di soppressione degli Ordini religiosi.
 In questo magma la ristampa del libro di Luciano Scarabelli (Dei doveri civili. Discorsi a giovani educati, Fano,1857), diede vita ad un acceso dibattito sull’istruzione delle masse.
Il conte Annibale di Montevecchio, il conte Bertozzi ed altri notabili, condividendo tali idee, riorganizzarono la Congregazione di Carità al fine di realizzare tale impresa.
Costituirono il 22 dicembre 1868 un Comitato Promotore che si avvalse di sottoscrizioni raccolte dalle nobildonne, di donazioni della Cassa di Risparmio e del Comune.
Il Comitato, disponendo  dei locali dell’ex Convento di S. Maria Nuova, aprì l’Asilo infantile la cui direzione venne offerta ad Angiola Bianchini, che impartì disposizioni precise sulla destinazione e arredi dei locali, volle anche i gabinetti distinti per sessi, un orto con piante e tettoia, oggetti relativi alle arti e mestieri, solidi per gli esercizi geometrici, tipi dimostrativi del sistema metrico decimale e un organetto “Ariston”.
Richiese inoltre due buone maestre assistenti, una o due praticanti, una cuoca e una portinaia.
L’Asilo fu inaugurato il 20 settembre 1870.
Fano: l'arrivo delle bambine

I resoconti degli esercizi informano sulle presenze dei bambini che dal ’69 cresceranno costantemente, da 64 fino a 176 nel ’72/’73. Questi bambini sono figli degli artigiani di cui la cittadina è ricca. Ciabattini, falegnami, cappellai, sarti, ebanisti, barbieri, scalpellini, marmorini, doratori, ricamatrici, modiste, fabbri- ferrai, tipografi, intraprendenti di diligenze e vetture.
Ma molti sono figli delle donne che lavorano nelle filande ubicate nella cerchia urbana.
Donne provenienti sia dalla zona portuale, cioè mogli e figli dei pescatori che aiutano così il modesto salario settimanale ed il povero  bilancio familiare, sia dalla campagna circostante, dove la mezzadria sul territorio collinare favorisce la piccola coltura, intensiva e promiscua, che lascia spazio alla bachicoltura incoraggiata dai papi e dai proprietari terrieri.
 Angiola Bianchini accoglie questi bambini nei “semenzai di futura civiltà” con la ferma convinzione che solo il lavoro, le virtù, le civili cognizioni e precetti morali possono liberare i figli dei poveri dalla “tenebria rozzezza di cuore”.
A scorrere  le pagine scritte dalla Bianchini non si può non ammirare la dedizione alla propria missione, la grave coscienza della responsabilità morale ed umana, il metodico studio per migliorare e arricchire la didattica, il bisogno di approfondire e aggiornare le metodologie, l’attenzione per le donne per fare acquistare ad esse coscienza della propria dignità e della propria libertà, attraverso lo studio e il lavoro.
Encomiabile il suo personale impegno a titolo gratuito per istruire - nei giorni festivi e alla fine dell’orario delle lezioni dell’asilo - le ragazze per far loro conseguire la patente di maestre, mancando a Fano una scuola idonea e non avendo le famiglie i mezzi economici per farla conseguire.
Angiola Bianchini si è sobbarcata ad una fatica immane con la generosità di un’apostola a rincuorare, invogliare e rendere provette le giovani entusiaste dal suo esempio di donna libera e indipendente.
Su un foglietto color seppia, datato 5 aprile 1892 ,  una grafia irregolare e nervosa, ha vergato minuziosamente il loro elenco, le riuscite, le destinazioni. Tra le sue allieve collocate come direttrici, la prediletta Nardini Giovanna, Direttrice dell’asilo Garibaldi a Tunisi, è nominata sua erede testamentaria.
Le maestre
Quelle figlie del popolo da lei sottratte al destino di ricamatrici, modiste, sarte,  filandaie,  le hanno espresso la loro gratitudine e riconoscenza dipingendo nella camera da letto nel villino sulla Gimarra i loro nomi ai lati dei versi di Aleardo Aleardi:

Te beata che allorquando il divino
raccoglitore dell’anime partite
da questa terra ti dirà. Angiolina, dove son le tue frutta? E tu, raccolte,
a te d’attorno cento giovinette
che nel cuore inspirasti e nella mente,
potrai rispondere: Eccole, Signore!”

La decisa volontà di operare per il civile e morale progresso della società la induce a fondare nel 1879 la Società Operaia Femminile di Mutuo Soccorso per istruire le donne sui loro diritti.
La sua opera di pedagogista si è espressa nel Manuale per gli asili d’infanzia secondo il metodo di Ferrante Aporti, edito a Fano nella tipografia Gio-Lana nel novembre 1870 che ha conosciuto 7 edizioni fino al 1891. Ma già la VI edizione era stata aggiornata con il metodo di F. Froebel , conosciuto attraverso l’amica fanese Gustava de Stein, di origine tedesca. Nella VII  vi era stata aggiunta coordinato all’insegnamento delle scuole elementari (corso inferiore).
Il testo conobbe notevole divulgazione tanto da meritare una medaglia d’oro all’esposizione di Parigi del 1882 e la raccomandazione del Ministero della Pubblica Istruzione a favorirne la diffusione.
 Angiola Bianchini conobbe così una qualificata notorietà tanto da essere protagonista indiscussa di tutti i Convegni, Congressi, Esposizioni, Conferenze ed Ispezioni, Corsi di Aggiornamento che ebbero luogo fra il 1874 e 1889 in Italia. Non solo, perché i registri documentari riportano offerte di direzione dell’Orfanatrofio femminile delle Terme di Diocleziano a Roma e richieste di consulenza da parte del Presidente della Congregazione di Carità di Trapani, Pietro Pezzardi.



Il 10 settembre 1873, il sindaco di Fano le affida la Direzione delle scuole elementari femminili.
 E’ stata rivoluzionaria la visione della Bianchini, che ha anticipato di un secolo la “novità” di accorpare varie tipologie di scuole in senso orizzontale e verticale e la gradualità degli apprendimenti e degli insegnamenti, scanditi dall’Asilo alla Scuola elementare.
Ridusse le ore di maglia e cucito per fare spazio alla storia della città, all’economia del territorio, a tutto ciò che “svolge le facoltà intellettuali”, oltre al canto corale, “ginnastica polmonare atta a ingentilire ed esilarare l’animo delle giovinette”.
Per venire incontro alle esigenze della popolazione portuale, gruppo sociale arretrato e in condizioni di indigenza, fuori delle mura cittadine,  inaugurò l’Asilo del Porto, dov’era l’ufficio Circondariale marittimo di Fano, il 28 aprile 1875. I 35 iscritti divennero 120 negli anni 1897/1899.  Le nuove sedi delle scuole furono possibili per la gestione moderna e le iniziative coraggiose del sindaco Gabrielangelo Gabrielli, che per attuare il suo programma politico ricorse ad un prestito con la Cassa di Risparmio di Bologna.
 Il risultato della sua totale dedizione all’educazione ed istruzione dei piccoli, all’elevazione culturale, sociale ed economica delle donne è stato il precoce sfibramento ed esaurimento delle sue energie psico-fisiche.
Ha dovuto abbandonare l’amato lavoro scolastico, anche perché osteggiata e guardata con sospetto ed acredine dalla nuova classe politica borghese.
     Morendo, destinò la sua villetta costruita su un pezzetto di terra dell’antica fornace donatole dalla contessa Ferri “ per i 4 lustri di benefici alla    popolazione di Fano” e pagata con i sacrifici di una vita di lavoro (£. 13.229,58) “al Municipio di Fano a condizione che col mio nome vi si apra subito un asilo infantile con la retta mensile di £. 1,50 per una minestra giornaliera e con l’obbligo di un zinnale bianco da cambiare ogni giovedì e lunedì”.
 Disgraziatamente, come spesso accade nella Penisola, il Comune di Fano non solo non ha rispettato le sue volontà , ma non ha in alcun modo e in nessuna forma riconosciuto gli innegabili, straordinari meriti di Angiola Bianchini che attende invano, come i putti affranti e senza ali della sua malmessa tomba, che gli uomini, riconoscendo il suo meraviglioso operare, le rendano  giustizia.
l'asilo intestato ad Angiola Bianchini
Non solo, perché la Scuola da lei  costituita con l’autorità della Congregazione della Carità nell’antico convento francescano incamerato dal nuovo Regno italico, intitolata ad Alessandro Gallizzi, un mercante di Senigallia per il lascito di £500mila, durante la sua ristrutturazione, aveva destinato al macero tutta la copiosa documentazione delle attività svolte e delle programmazioni didattiche fatte dalla Bianchini.
 Dunque condannata alla definitiva cancellazione e sparizione di qualsiasi traccia del suo operoso ed intelligente vissuto.
Nel 2005  io e la dott.ssa Pia Vecchioni della Biblioteca Federiciana di Fano visionammo alcuni scatoloni scampati alla ristrutturazione della scuola “ Alessandro Gallizzi”.
Svelarono nell’ammasso polveroso di fogli e plichi l’intenso, operoso, straordinario vissuto di Angiola Bianchini ignorato dall’Istituzione Comunale e dall’importante Circolo culturale cittadino a lei intitolato. Da queste ricerche, estese al contesto storico, sociale ed economico del periodo, è nato il mio lavoro dedicato  a questa splendida donna.
Angela Frattolillo - © Tutti i diritti riservati

Bibliografia essenziale
S. Anselmi, Mezzadri e terre nelle Marche, Bologna,1979;
F. Battistelli “ C. Marcolini e la cultura fanese a fine secolo XIX” in Fano dopo l’Unità, Fano,1997;
E. Bignami “La figura di Giuseppe Sacchi nel movimento pedagogico del Risorgimento” in “Rivista pedagogica”, a. XXVII, fasc. II, Milano,1935;
G. Boiani, G. Tombari “Il porto ed i marinai di Fano in un’indagine post-unitaria” in “Proposte e ricerche”, n.24, Ancona,1990,
Enzo Capolozza “ Sul colera del 1855 a Fano”, Supplemento al Notiziario n.5, Fano, 1971;
G. Caselli, Andamento della mortalità tubercolare nei Comuni della valle del Metauro. Dati statistici ed epidemiologici relativi al quinquennio 1925-’30, Fano 1932;
E. Celesia, Storia della pedagogia italiana, Milano, 1974 vol. II;
F.Del Pozzo  “Lo stabilimento dei Bagni 1853-1918” in “Quaderni di nuovi studi fanesi”, Fano 1996;
Aldo Deli, “Assistenza e Beneficenza a Fano nel sec. XIX” in “Notiziario”, 1981;
P. Deli, ”Fano scontenta dopo l’Unità: la leva e le tasse”, in “Notiziario” suppl. 5, 1972;
P. Deli, “Un decennio di vita scolastica fanese:1860-1870” in “Notiziario” suppl. n.5,1972;
P. Domeniconi, “Filandaie e  attività serica a Fossombrone,1900-1950”, IDERS, quad.n.2,1981;
Angela Frattolillo, L’opera educativa e sociale di Angiola Bianchini nella Fano di fine Ottocento, Fano, 2005.
Luca Garbini, ”Donne, bachi e filande. Linee di storia del setificio nelle Marche”, in “Proposte e ricerche”, Quad. n. 50, Ancona, 2003;
Paolo Giannotti, “La classe dirigente e la gestione del potere locale”, in Fano dopo l’Unità, 1996;
P. Giovannini, “Brefrotofi e infanzia abbandonata nel pesarese (1873-1914), IDERS, Quad.n. 2,1991;
M. A. Manacorda, “Istruzione ed emancipazione della donna” in “Passato e Presente”, Quad.n. 17, Ancona,1988;
M. Marchionni, Rapporti agricoltura, industria nella sericoltura, Tesi di laurea a. a. 1978-’79, Urbino;
D. Marchi, La scuola e la pedagogia del Risorgimento, Loescher, Torino, 1985;
R. Mariani, L’asilo d’infanzia di Guastalla e Ferrante Aporti, Lanciano,1927;
A. Palombarini, “Lo scandalo dell’alfabeto. Educazione ed istruzione popolare femminile nelle Marche in età moderna” in “Proposte e ricerche”, Quad. n. 50, Ancona, 2003;
G. Pedrocco, Storia dell’agricoltura nelle Marche dall’Unità ad oggi. Aspetti tecnologici e rapporti di produzione, Urbino, 1976;
L. Polverari, La trattura della seta a Fano, Cassa di Risparmio, Fano, 1985;
M. Polverari,  Lo Stato liberale nelle Marche. Il commissario Valerio, Ancona, 1978;
F. S. Romano, Le classi sociali in Italia 1815-1918, in Nuove Questioni del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, Milano, vol. II, 1960;
G. Sacchi, Relazione sugli asili di Carità presentata nel 50° della Fondazione Pirola, Milano,1836.

Ringrazio la Biblioteca federiciana di Fano per la gentile concessione delle immagini a corredo  di questa biografia.

1 commento: