Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

lunedì 19 ottobre 2015

Palma BUCARELLI


di Rita Frattolillo


(Roma, 16.03.1910- ivi 25.07.1998), la  prima donna a dirigere un museo in Italia; grande signora dell’arte italiana contemporanea


«La Galleria sono io», diceva Palma Bucarelli del suo museo, la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (Gnam). Un museo che ha diretto dal 1941 al 1975,  anni particolarmente difficili, con grinta e competenza, tra contrasti e polemiche. Di una bellezza soggiogante per i grandi occhi luminosi, e di una eleganza sofisticata, al punto da essere definita “Palma dell’eleganza”, ha rappresentato un modello d’eccellenza che ha suscitato sentimenti contrastanti, elogi e invidia, ma che non è mai passato nell’indifferenza. Quel modello, lei lo ha costruito e perseguito con una tenacia eccezionale. 

Entrata per concorso nell’amministrazione delle Belle Arti, studiò giorno e notte come critica e storica dell’arte diventando una figura chiave nell’arte contemporanea; esigente e perfezionista con se stessa e con gli altri, si cucì addosso un personaggio pubblico capace di primeggiare in tutto. Fiera della sua invidiabile silhouette, non la mise mai a rischio, malgrado fosse golosa di dolci, e, quando il lavoro le impediva di tenersi in forma, si allenava al vogatore. Non esitò a impostare la voce andando a lezione dalla grande attrice Andreina Pagnani, imparò a sciare, nuotare, e, siccome pensava in grande, per apprendere a cavalcare andò a lezione nientemeno che da Carlo D’Inzeo. Affrontò tutto con piglio mascolino, come un atleta. Aspra e autoritaria, si servì del suo indiscutibile fascino come arma di difesa e di offesa.
Prima donna a essere nominata direttore di un museo, Palma  ha segnato una svolta decisiva nella politica culturale dell’Italia per lo spirito e l’intelligenza con cui ha guidato la Gnam, e per gli stessi motivi ha offerto molto materiale a scrittori, giornalisti e biografi, che avevano coniato per lei l’espressione “regina di quadri”.
E’ certo che in altre mani, la Galleria d'arte moderna, il solo museo nazionale consacrato al XIX - XX secolo, sarebbe stata assai più accomodante e senza fisionomia.

 La prima impresa in cui Palma si distinse – e che Indro Montanelli amava  ricordare – fu quella di mettere in salvo dai bombardamenti numerose opere d’arte, ricoverandole dapprima presso il Palazzo Farnese (capolavoro progettato dal Vignola) di Caprarola, poi, dopo l’8 settembre 1943, con l’inasprirsi delle rappresaglie attorno a Roma, riportandole clandestinamente in città per nasconderle a Castel Sant’Angelo, sotto l’egida del Vaticano. Molti capolavori si salvarono così dalle bombe, ma anche dalle ambizioni dei nazisti, i quali avevano istituito, in Italia, un Kunstschutz (sorta di ufficio per la protezione delle opere d’arte) destinato a proteggere i capolavori italiani… grazie al loro trasferimento in Germania.
Dal 1944, con la riapertura della Gnam,  inizia l’ascesa della Bucarelli. I suoi coetanei la ricordavano così: a bordo d'una velocissima auto scoperta rossa fiammante, i capelli biondi al vento e, secondo alcuni, anche una sciarpa svolazzante alla Isadora Duncan, una dea  piombata tra i mortali, insomma.
Sotto la sua guida, la Galleria, fino ad allora gestita con criteri museali più adatti all’arte antica che a quella contemporanea  ̶  cioè come un contenitore  ̶  divenne l’istituzione pubblica di maggior spicco nel panorama dell’arte, l’unica a iniziare una stretta collaborazione con molti musei del mondo: da quelli americani ai giapponesi, russi, tedeschi, inglesi e francesi.  Fu lei per prima, in Italia, a comprendere che un museo d’arte moderna è certamente un’istituzione nazionale, ma deve pure essere – culturalmente  ̶  internazionale.
Avvalendosi dell’aiuto di critici d’eccezione, come Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan, la Bucarelli sperimentò un nuovo modello di museo contemporaneo, attento sia al lato didattico (la Galleria vista quale punto d’ incontro e d’informazione; conferenze, proiezioni, mostre temporanee) che alla riflessione critica. Sotto quest’aspetto Palma rivendicò sempre il diritto-dovere di schierarsi, di esercitare una funzione critica e militante, caratterizzata dalla capacità di giudizio e dalla consapevolezza di una piena assunzione di responsabilità.
la Bucarelli con Giulio Carlo Argan
E siccome a suo parere le avanguardie storiche dell’inizio del XX secolo purtroppo erano completamente assenti dalle collezioni della Galleria, alla sua riapertura, nel ’44, l’obiettivo principale della direttrice divenne colmare le lacune e fare del “suo” museo una istituzione in cui fossero rappresentati i più importanti movimenti degli ultimi duecento anni.
Quasi alter ego di Peggy Guggenheim, amava gli informali e l’astrattismo, il nouveau réalisme, tanto da liquidare Guttuso e De Chirico, che forse proprio per questo non le risparmiò  aspre critiche,  definendola “l’amazzone delle croste”; aperta alle novità in campo artistico, nessuno la fermò, e volle Picasso (1953), la prima mostra in Italia di Modigliani, Mondrian (1956), di Pollock (1958), di Burri, Pascali e Manzoni. Per il Grande sacco di Burri scatenò nel ’59 un’interrogazione parlamentare bipartisan, da parte dei comunisti e dei democristiani, oltre all’incursione dell’ufficio d’igiene. Più tardi, nel ’70, fu il famoso barattolo Merde d’artiste di Manzoni a farla finire in tribunale. Affrontava tutto questo perché, come ha affermato la successiva direttrice della Gnam, Maria Vittoria Clarelli, Palma sosteneva che  «il museo deve esercitare giudizio e critica; […] non è un arbitro, ma un attore che prende posizione. Lei rivendicava quindi il diritto di scegliere quali artisti e quali movimenti sostenere e comprare».
 Ma chi era Palma,  e da dove veniva? Nata a Roma da padre calabrese e da madre siciliana, cresciuta in varie città d’Italia al seguito del padre che era vice prefetto, era stata educata come una signorina della buona società.  Forse nessuno avrebbe immaginato, allora, che la sua folgorante e discussa carriera di direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna fosse stata imperniata sul coraggio di scelte controcorrente, di prese di posizione spregiudicate e all’avanguardia. Entrata per concorso  ̶  come s’è detto  ̶  nell’Amministrazione delle Belle Arti,  aveva preso servizio alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna alla vigilia della guerra, nel 1939. Ma era passata quasi immediatamente al ruolo direttivo in sostituzione di Roberto Papini, comandato al Ministero della Guerra, e già nel ’42 aveva saldamente in mano le redini della Galleria, che avrebbe tenuto con fermezza e abnegazione fino al ’75.
 Dopo la licenza classica al “Visconti” di Roma e la laurea in lettere all'Università  "La Sapienza", dove fu allieva di Adolfo Venturi e di Pietro Toesca, con il compagno di studi Giulio Carlo Argan  superò nel 1933 il concorso per ispettore alle Antichità e Belle Arti. Entrò dunque nell'amministrazione dello Stato a soli ventitré anni e fu assegnata alla Galleria Borghese. Dopo un breve trasferimento a Napoli, dove frequentò il salotto di Benedetto Croce, grazie all’interessamento del giornalista Paolo Monelli (che sposerà nel 1963), Palma nel 1937 tornò nella capitale.
Nel luglio del 1941 assunse la direzione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Prima donna ad affermarsi al vertice dell’amministrazione statale dei musei, come studiosa, le rare volte che ritenne di doversi esporre in questo campo, fu vittima di critiche severe e non ingiuste, come accadde per il famoso scritto su Fautrier; un episodio di cui, rispetto al clamore suscitato intorno a Merde d’artiste o al Grande sacco, in Italia si è parlato poco.
 Jean Fautrier (Parigi, 1898-1964) era un pittore e scultore esponente del Tachisme, autore dell’inquietante ciclo degli Otages (1953-1945) ispirato alle atrocità tedesche sui prigionieri (gli ostaggi, gli “otages”)  a cui egli stesso aveva assistito come partigiano antinazista. L’opera diventa un caso tra arte, critica e mercato quando, “nemo profeta in patria”, Fautrier trova in Italia quell’approvazione che non aveva avuto in Francia, pur godendo della stima di un personaggio autorevole come André Malraux. Grazie ai suoi ammiratori dichiarati Argan e G. Ungaretti  Otages arriva in Italia, entusiasma Palma, che, dopo aver affrontato un immane lavoro di catalogazione a distanza,  firma la presentazione del pittore sul catalogo della XXX Biennale di Venezia (1960), e acquista pure un dipinto per la Gnam.
Les Otages (n.8)
 Palma e Giulio sono considerati artefici, assieme a Ungaretti, che era suo amico personale,  dell’invito fatto a Fautrier nel padiglione centrale della Biennale. Quando il pittore vince il primo premio, ex aequo con un altro pittore, Hans Hastung, si scatena la polemica. In particolare, sono il giornalista Manlio Cancogni de “L’Espresso”, e l’ editore nonché critico Gualtieri di San Lazzaro, a gridare alla cospirazione volta al lancio commerciale di Fautrier, anche perché i premi erano tradizionalmente destinati a sezioni differenti delle arti visive, e non solo alla pittura.
 Ma Argan e Bucarelli erano convinti del rilievo assoluto di Fautrier all’interno di una temperie culturale informale, e ne avevano ampiamente scritto, riconoscendogli un particolare valore emblematico. In realtà quel premio costituisce una svolta cruciale perché segnerà  ̶  oltre alle fortune economiche di Fautrier  ̶  il successo di una determinata visione degli sviluppi dell’arte successiva.
Palma Bucarelli, che è morta a Roma nel 1998, all'età di ottantotto anni, ha donato alla Gnam i suoi dipinti, e il suo elegante guardaroba è stato collocato nel Museo delle Arti Decorative Boncompagni Ludovisi di Roma. Il Comune le ha intitolato una via in prossimità della Galleria, e nel 2009 le è stata dedicata un’importante mostra. E all’ombra delle palme che lei stessa aveva voluto piantare, accanto alla Gnam, è stata affissa una targa commemorativa.
Rita Frattolillo©2015 tutti i diritti riservati.
FONTI:
Carlo Bertelli, Addio a Palma Bucarelli, la grande signora dell’arte italiana, 26 luiglio 1998, su “Corriere della sera”
Simona Cigliana, www.retididedalus.it/Archivi/2009/ottobre/Luogo-Comune/5-bucarelli.html
Rachele Ferrario, Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli, Mondadori, 2010
Laura Larcan, Un direttore di nome Palma Bucarelli, la Guggenheim di Roma, “la Repubblica” del 26.06. 2009
Luca Pietro Nicoletti, Processo a un critico italiano. Jean Fautrier alla Biennale 1960, www.academia.edu/1473062/
wiki/Palma-Bucarelli
GNAM  -  Pagina su Palma Bucarelli


1 commento:

  1. Bella, brava, intelligente, non mancava proprio nulla a Palma Bucarelli. E, come sempre, cara Rita, hai saputo tratteggiare un profilo biografico coinvolgente e interessante!

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