Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

venerdì 3 aprile 2015

Clementina MAIORINO



di Rita Frattolillo



(Isernia, 1.9.1922 – 1969), un’italiana animatrice culturale e divulgatrice dell’italianità in Sud Africa, amica di Nadine Gordimer, Premio Nobel



Non capita spesso, ma qualche volta i giornalisti, quelli veri, colgono nel segno, magari togliendo dall’ombra donne coraggiose e determinate, ma sconosciute, come Clementina.

Questa storia vera  diventa una notizia quando l’inviato speciale Giuseppe Tabasso, nel corso di una intervista alla scrittrice “africana bianca” Nadine Gordimer (1923-2014) ottenuta dopo un viaggio a Johannesburg nel 1985 scoprì che la donna conosceva e amava da anni la letteratura italiana, che aveva letto e amato i nostri scrittori: Manzoni,  Moravia, Flaiano, Calvino e Pavese, Ortese e Ginzuburg. “A chi deve tutto questo?” chiede meravigliato il giornalista. “Ad una meravigliosa donna italiana, mia indimenticabile amica” è la risposta immediata della grande scrittrice, che avrebbe vinto nel 1991  il premio Nobel per la letteratura.
Nadine Gordimer con Nelson Mandela
La scrittrice, sull’onda dei ricordi, prosegue tracciando con profonda emozione la figura di questa “donna italiana”, Clementina Maiorino. Come - e soprattutto dove - si erano incontrate? Ebbene, la sua cara amica proveniva da una città molisana, Isernia, ed era figlia dell’avvocato Ernesto e della professoressa Giulia Scarpitti. Dopo la laurea in lettere e filosofia  Clementina si dedica all’insegnamento nella sua città, seguendo le orme materne. Ma lo scoppio della seconda  guerra e il terribile bombardamento sulla città di Isernia da parte degli anglo-americani il 10 settembre 1943 interrompono drammaticamente la carriera della giovane donna. L’Italia si trova completamente smembrata, e allora Clementina decide di trasferirsi a Roma, dove inizia l’attività di traduttrice dall’inglese per il settimanale culturale Domenica. E’ il momento giusto per avvicinare gli italiani alla letteratura americana, perché l’Italia, messa da parte l’esterofobia di stampo fascista, sta a poco a poco scoprendo il mondo americano: assieme alle sigarette con il filtro, alle gonne a ruota e al boogy-boogy che impazza, arrivano anche i  libri. Hemingway, Steinbeck, Saroyan, Faulkner, diventano gli autori su cui Clementina si impegna, e i lettori sembrano avidi di immergersi  in una cultura molto più avanti della nostra, fino ad allora repressa dal regime e soffocata nei suoi slanci. Si sentiva il bisogno di “respirare” un’altra aria, più aperta e soprattutto portatrice di modernità, e tutto questo era rappresentato dagli americani. A Roma, la ragazza conosce nel ’44 il tenente polacco Witold Domanski, che è corrispondente di guerra nel corpo di spedizione del generale Anders: hanno in comune la passione per l’arte contemporanea e gli interessi culturali. Cominciano a frequentarsi, nasce l’amore, si sposano. A Roma viene alla luce il primo figlio, Andrea (che in seguito  diventerà docente di diritto romano all’università di Johannesburg), ma le difficoltà incontrate li induce a prendere una decisione drastica: cambiare addirittura continente, emigrare in Sud Africa. A quell’epoca un viaggio fino all’Africa profonda era una vera avventura, durava un mese, in più c’era un bimbo di sei mesi da accudire. Comunque, si imbarcarono a Napoli sul vecchio piroscafo “Toscana” alla volta di Durban. Da lì presero il treno per Johannesburg. La città viveva le lacerazioni generate dalle ferree regole dell’apartheid, e la coppia Maiorino- Domanski si sentiva nel collo della bottiglia, ormai si era tagliata i ponti con l’Europa.
Johannesburg ai tempi di Clementina
Che fare? L’unica era sfruttare al meglio la loro conoscenza dell’arte. I due giovani ce la mettono tutta per entrare in contatto con esponenti della cultura e dell’arte della capitale sudafricana, riescono a fondare l’Art Club e organizzano la prima mostra di artisti italiani. E’ un vernissage di grande richiamo, dal momento che vi sono esposti i nomi più rappresentativi del momento, Mazzacurati, Greco, Casorati, Monachesi, per citarne solo alcuni. L’impresa riesce, e così, le élites culturali della città aprono il loro salotto a Witold e a Clementina, che frequentano poeti e scrittori, tra cui la giovane nascente scrittrice Nadine.  Tra le due  donne, che sono coetanee (Nadine era nata nel 1923, un anno dopo Clementina)  nasce subito una profonda stima e una grande amicizia. Nadine, essendo figlia di padre ebreo lituano che era andato  a cercar fortuna in Sud Africa con la moglie londinese, capiva benissimo le difficoltà di adattamento che la sua amica doveva affrontare quotidianamente. 
Tarquinio, fratello di Clementina
Questa, intanto, continua anche il suo lavoro di traduttrice; quando il suo lavoro glielo consente, il fratello Tarquinio, giornalista di grande valore (scomparso nel 2005), affronta il lungo viaggio e viene a trovarla, desideroso di giocare con il nipotino Andrea, e lei ne approfitta per coinvolgerlo nella sua attività. Nel 1948 infatti  esce, a firma sua e di suo fratello, la traduzione italiana  del romanzo giallo The big sleep (1939) di Raymond Chandler con il titolo Il grande sonno. Spesso Clementina scaccia la nostalgia della patria  intattenendo Nadine sull’Italia, sui suoi orizzonti umani e sociali, sui suoi talenti artistici. Sicché a poco a poco Clementina  fa scoprire il nostro Paese all’amica, fa crescere il suo interesse, ne coltiva il trasporto per la nostra letteratura scegliendo i libri migliori appena vengono tradotti in inglese. Ma disgraziatamente nella sua vita si stava manifestando  un male inesorabile, la sclerosi multipla, che la porterà alla tomba ad appena 47 anni, nel 1969.  Per tutto il tempo della malattia, fu il fratello Tarquinio ad imitare perfettamente la scrittura di Clementina, per evitare agli anziani genitori, rimasti ad Isernia, lo strazio della prematura scomparsa.
 Il giorno del funerale, a Johannesburg, a piangerla c’era tutta l’intellighentia sudafricana, artisti internazionali, giornalisti, collezionisti d’arte,  e non poteva mancare Nadine Gordimer, che si era  già distinta per la  lotta – mai cessata fino alla sua morte, avvenuta il 14 luglio di quest’anno - contro la discriminazione razziale. Nel Sud Africa, prima che il suo male si aggravasse, Clementina era diventata mamma per la seconda volta, mettendo al mondo la piccola Anna. Ma anche per la figlia il destino si sarebbe rivelato tragico, e forse fu una fortuna che al momento del dramma Clementina non ci fosse più.
Dolce e di acuta intelligenza, Anna fin da ragazzina si era appassionata al volo, tanto da conseguire giovanissima ben tre brevetti di pilota: si sentiva pronta ad una brillante carriera, ma ad aspettarla, invece, c’era la vecchia signora pronta ad usare la sua falce. Ad appena 19 anni fu stroncata da uno stallo in decollo che fece precipitare in fiamme il suo piccolo apparecchio. Fin qui il ricordo del giornalista Tabasso, che testimonia l’attenzione della Gordimer per la cultura italiana  scoperta grazie alla sua sfortunata amica.
Rita Frattolillo©2015 tutti i diritti riservati.
Fonti
Ringrazio di cuore l’amico giornalista Peppino Tabasso per aver portato alla luce questa bella figura femminile nel suo articolo pubblicato sul mensile il Bene Comune, anno XIV, n°8/9, pp.36-39 da cui sono tratte tutte le notizie qui riportate.  E’ grazie a lui che veniamo a conoscenza dell’instancabile lavoro di  divulgatrice di Clementina in terra sudafricana.

Si accenna all’attività di Clementina anche nell’articolo scritto da Tabasso in occasione della morte di Tarquinio Maiorino, avvenuta il 2.10. 2005, e pubblicato il giorno seguente sulla Gazzetta del Molise con il titolo Quel gran maestro di  giornalismo popolare.

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