di Rita Frattolillo
(Isernia, 1.9.1922 – 1969), un’italiana animatrice culturale e divulgatrice dell’italianità in Sud Africa, amica di Nadine Gordimer, Premio Nobel
Non capita spesso, ma qualche volta i giornalisti, quelli veri, colgono nel segno, magari togliendo dall’ombra donne coraggiose e determinate, ma sconosciute, come Clementina.
Questa storia vera
diventa una notizia quando l’inviato speciale Giuseppe Tabasso, nel
corso di una intervista alla scrittrice “africana bianca” Nadine Gordimer
(1923-2014) ottenuta dopo un viaggio a Johannesburg nel 1985 scoprì che la
donna conosceva e amava da anni la letteratura italiana, che aveva letto e
amato i nostri scrittori: Manzoni,
Moravia, Flaiano, Calvino e Pavese, Ortese e Ginzuburg. “A chi deve
tutto questo?” chiede meravigliato il giornalista. “Ad una meravigliosa donna
italiana, mia indimenticabile amica” è la risposta immediata della grande
scrittrice, che avrebbe vinto nel 1991
il premio Nobel per la letteratura.
Nadine Gordimer con Nelson Mandela |
La scrittrice, sull’onda dei ricordi, prosegue tracciando
con profonda emozione la figura di questa “donna italiana”, Clementina
Maiorino. Come - e soprattutto dove - si erano incontrate? Ebbene, la sua cara
amica proveniva da una città molisana, Isernia, ed era figlia dell’avvocato
Ernesto e della professoressa Giulia Scarpitti. Dopo la laurea in lettere e
filosofia Clementina si dedica
all’insegnamento nella sua città, seguendo le orme materne. Ma lo scoppio della
seconda guerra e il terribile
bombardamento sulla città di Isernia da parte degli anglo-americani il 10
settembre 1943 interrompono drammaticamente la carriera della giovane donna.
L’Italia si trova completamente smembrata, e allora Clementina decide di
trasferirsi a Roma, dove inizia l’attività di traduttrice dall’inglese per il
settimanale culturale Domenica. E’ il
momento giusto per avvicinare gli italiani alla letteratura americana, perché
l’Italia, messa da parte l’esterofobia di stampo fascista, sta a poco a poco
scoprendo il mondo americano: assieme alle sigarette con il filtro, alle gonne
a ruota e al boogy-boogy che impazza, arrivano anche i libri. Hemingway, Steinbeck, Saroyan,
Faulkner, diventano gli autori su cui Clementina si impegna, e i lettori
sembrano avidi di immergersi in una
cultura molto più avanti della nostra, fino ad allora repressa dal regime e
soffocata nei suoi slanci. Si sentiva il bisogno di “respirare” un’altra aria,
più aperta e soprattutto portatrice di modernità, e tutto questo era
rappresentato dagli americani. A Roma, la ragazza conosce nel ’44 il tenente
polacco Witold Domanski, che è corrispondente di guerra nel corpo di spedizione
del generale Anders: hanno in comune la passione per l’arte contemporanea e gli
interessi culturali. Cominciano a frequentarsi, nasce l’amore, si sposano. A
Roma viene alla luce il primo figlio, Andrea (che in seguito diventerà docente di diritto romano
all’università di Johannesburg), ma le difficoltà incontrate li induce a prendere
una decisione drastica: cambiare addirittura continente, emigrare in Sud
Africa. A quell’epoca un viaggio fino all’Africa profonda era una vera
avventura, durava un mese, in più c’era un bimbo di sei mesi da accudire.
Comunque, si imbarcarono a Napoli sul vecchio piroscafo “Toscana” alla volta di
Durban. Da lì presero il treno per Johannesburg. La città viveva le lacerazioni
generate dalle ferree regole dell’apartheid, e la coppia Maiorino- Domanski si
sentiva nel collo della bottiglia, ormai si era tagliata i ponti con l’Europa.
Johannesburg ai tempi di Clementina |
Che fare? L’unica era sfruttare al meglio la loro conoscenza
dell’arte. I due giovani ce la mettono tutta per entrare in contatto con
esponenti della cultura e dell’arte della capitale sudafricana, riescono a
fondare l’Art Club e organizzano la prima mostra di artisti italiani. E’ un vernissage di grande richiamo, dal
momento che vi sono esposti i nomi più rappresentativi del momento,
Mazzacurati, Greco, Casorati, Monachesi, per citarne solo alcuni. L’impresa
riesce, e così, le élites culturali
della città aprono il loro salotto a Witold e a Clementina, che frequentano
poeti e scrittori, tra cui la giovane nascente scrittrice Nadine. Tra le due
donne, che sono coetanee (Nadine era nata nel 1923, un anno dopo
Clementina) nasce subito una profonda
stima e una grande amicizia. Nadine, essendo figlia di padre ebreo lituano che
era andato a cercar fortuna in Sud
Africa con la moglie londinese, capiva benissimo le difficoltà di adattamento
che la sua amica doveva affrontare quotidianamente.
Tarquinio, fratello di Clementina |
Questa, intanto, continua
anche il suo lavoro di traduttrice; quando il suo lavoro glielo consente, il
fratello Tarquinio, giornalista di grande valore (scomparso nel 2005), affronta
il lungo viaggio e viene a trovarla, desideroso di giocare con il nipotino
Andrea, e lei ne approfitta per coinvolgerlo nella sua attività. Nel 1948
infatti esce, a firma sua e di suo
fratello, la traduzione italiana del
romanzo giallo The big sleep (1939)
di Raymond Chandler con il titolo Il
grande sonno. Spesso Clementina scaccia la nostalgia della patria intattenendo Nadine sull’Italia, sui suoi
orizzonti umani e sociali, sui suoi talenti artistici. Sicché a poco a poco
Clementina fa scoprire il nostro Paese
all’amica, fa crescere il suo interesse, ne coltiva il trasporto per la nostra
letteratura scegliendo i libri migliori appena vengono tradotti in inglese. Ma
disgraziatamente nella sua vita si stava manifestando un male inesorabile, la sclerosi multipla,
che la porterà alla tomba ad appena 47 anni, nel 1969. Per tutto il tempo della malattia, fu il
fratello Tarquinio ad imitare perfettamente la scrittura di Clementina, per
evitare agli anziani genitori, rimasti ad Isernia, lo strazio della prematura
scomparsa.
Il giorno del
funerale, a Johannesburg, a piangerla c’era tutta l’intellighentia sudafricana,
artisti internazionali, giornalisti, collezionisti d’arte, e non poteva mancare Nadine Gordimer, che si
era già distinta per la lotta – mai cessata fino alla sua morte,
avvenuta il 14 luglio di quest’anno - contro la discriminazione razziale. Nel
Sud Africa, prima che il suo male si aggravasse, Clementina era diventata mamma
per la seconda volta, mettendo al mondo la piccola Anna. Ma anche per la figlia
il destino si sarebbe rivelato tragico, e forse fu una fortuna che al momento
del dramma Clementina non ci fosse più.
Dolce e di acuta intelligenza, Anna fin da ragazzina si era
appassionata al volo, tanto da conseguire giovanissima ben tre brevetti di
pilota: si sentiva pronta ad una brillante carriera, ma ad aspettarla, invece,
c’era la vecchia signora pronta ad usare la sua falce. Ad appena 19 anni fu
stroncata da uno stallo in decollo che fece precipitare in fiamme il suo
piccolo apparecchio. Fin qui il ricordo del giornalista Tabasso, che testimonia
l’attenzione della Gordimer per la cultura italiana scoperta grazie alla sua sfortunata amica.
Rita Frattolillo©2015 tutti i diritti riservati.
Fonti
Ringrazio
di cuore l’amico giornalista Peppino Tabasso per aver portato alla luce questa
bella figura femminile nel suo articolo pubblicato sul mensile il Bene Comune, anno XIV, n°8/9,
pp.36-39 da cui sono tratte tutte le notizie qui riportate. E’ grazie a lui che veniamo a conoscenza
dell’instancabile lavoro di divulgatrice
di Clementina in terra sudafricana.
Si accenna
all’attività di Clementina anche nell’articolo scritto da Tabasso in occasione
della morte di Tarquinio Maiorino, avvenuta il 2.10. 2005, e pubblicato il
giorno seguente sulla Gazzetta del Molise
con il titolo Quel gran maestro di giornalismo popolare.
Internet
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