Lucrezia Borgia, affresco del Pinturicchio |
di Rita
Frattolillo
(Subiaco, 18.4. 1480- Ferrara, 24.6. 1519), nobildonna
rinascimentale, signora di Ferrara; figlia di Rodrigo Borgia, eletto poi papa con il nome di Alessandro VI
Lo
ammetto: avevo deciso di non
occuparmene. Per una serie di motivi, primo tra tutti il fatto che per lei,
donna sicuramente affascinante, si sono consumati i classici fiumi
d’inchiostro; per secoli, la sua figura, su cui era stato cucito il cliché
della donna prototipo di ogni nefandezza, dall’incesto alla giostra di mariti,
amanti e morti avvelenati per sua mano, ha riempito la testa e la penna di
romanzieri, musicisti, cineasti e persino fumettisti, tramandandoci il mito
dell’eroina negativa.
Un mito che ha resistito come una condanna
senz’appello malgrado tutti i documenti, le testimonianze contrarie, che
parlavano di una donna coraggiosa, scaltra, che si è saputa districare in un
mondo gestito da uomini dominatori.
Pressoché interminabile l’elenco di autori che
- calcando a piacimento la mano sugli aspetti osé - l’hanno scelta come protagonista, tra cui Hugo e Dumas padre,
poi, Grillandi, Montalbàn, Puzo.
Il suo
indubbio fascino ha colpito ancora, ultimamente, se persino l’indomito Dario Fo malgrado la
sua non più verde età ha inaugurato per lei il suo primo romanzo storico La figlia del papa, in cui si dichiara
incantato “dal coraggio, dallo slancio
straordinario e dalla dignità altissima che ha dimostrato Lucrezia, una donna
che affronta la condizione in cui si trova, il suo tempo e addirittura arriva
allo scontro con il padre” (trasmissione Ottoemezzo con Lilli Gruber, La 7).
Louis Boulanger, Lucrezia Borgia e l'insulto (Museo di Nîmes) |
Ma non è stato neanche questo a spingermi verso
Lucrezia, bensì l’aver potuto ammirare una parte… fisica di lei: una ciocca dei
suoi capelli!
Già mi sembra di vedere qualcuno sorridere di
questa mia confessione, indubbiamente naîve,
ma tant’è: se persino Lord Byron rimase affascinato dagli scritti di Lucrezia
(conservati a Milano) al punto da rubare
qualche filo dei suoi capelli che accompagnavano le pagine, perché io non
dovrei ammettere che, quando nella pinacoteca Ambrosiana (Milano), dopo essere
rimasta abbagliata dalla sublime collezione del cardinale Borromeo, dall’aula
Leonardi e dal prezioso Codice Atlantico,
non mi aspettavo di provare delle sensazioni così forti e indescrivibili
davanti a quella teca raffinata che racchiudeva una lunga, impalpabile, ciocca
di fini capelli d’oro rosso che sembravano avere una vita propria…
Da quel
momento, mi sono sentita posseduta da un
sortilegio, preda di un tarlo che mi ripeteva
“Scrivi…scrivi…” anche se a mente fredda sapevo bene che niente c’era da
aggiungere ancora a quanto già era stato
detto, scritto e rappresentato più che
in abbondanza.
Mi veniva in mente l’espressione ficcante di Maria
Bellonci, la quale, in una lettera al suo editore Arnoldo Mondadori, scriveva
di Lucrezia che non era “né fiore del
male né innocente fiorellino sbattuto dalla tempesta”(lettera del 5.11.
1932, Carteggio 1932-1968; Fondazione
Mondadori- Archivio Storico Mondad. edit.).
Ma pensavo anche che la storia aveva riservato
all’affascinante Lucrezia un destino per lo meno singolare - e sicuramente
quello peggiore - tra tutti i membri della sua famiglia.
Perché, pur essendo stata l’unica a non macchiarsi
di delitti, a differenza del padre-pontefice e del fratello Cesare, è
stata condannata definitivamente come
grande corruttrice e avvelenatrice.
E’ un fatto che, a dispetto degli studiosi e
scrittori (a cominciare da Giuseppe Carponi, nel 1866, fino a Indro Montanelli,
1965, passando per l’eccelsa Maria Bellonci) che si sono basati sui documenti
inediti per fare luce sui fatti storici, distinguendo tra gossip, storiografia e verità, è tuttora dura a morire l’idea di una Lucrezia come femme fatale nonché crudele
avvelenatrice, anche perché quest’idea continua a trovare terreno fertile in
certa fantasia morbosa e, cosa da tener presente, vende di più.
A questo punto, la prima domanda da porsi è: se non
fosse stata figlia di papa, e, soprattutto, figlia di quel papa, Lucrezia avrebbe ricevuto dai cronisti del tempo, dai
letterati e dall’aristocrazia lo stesso trattamento?
A mio
modestissimo parere, se lei non avesse avuto quel cognome, se non fosse stata
così a lungo sotto i riflettori, sarebbe passata alla Storia come una
castellana rinascimentale qualunque, non molto diversa dalle varie Bianca
Cappello…
E invece…come abbiamo visto, detto e ripetuto, nel
corso dei secoli la figura di Lucrezia è stata associata alla trista fama della
sua potente famiglia. Famiglia che ha finito per incarnare il simbolo della
cinica politica machiavellica e della corruzione sessuale attribuita ai papi
rinascimentali.
E infatti il filosofo Leibniz in un suo libro
(1696) di gran successo scriveva che “non
si era mai visto una Corte più insudiciata di crimini come quella di Alessandro
VI”, mentre oltre un secolo dopo lo storico
francese Jules Michelet
descriveva Lucrezia come un “demone
femminile insediato sul trono vaticano”.
Ma le accuse più infamanti sono state tramandate ai
posteri da Jacopo Sannazzaro, Giovanni Pontano e Francesco Guicciardini.
Quest’ultimo, come gli altri due coevo di
Lucrezia, nella sua Storia d’Italia scriveva con sicurezza : “ Lucrezia Borgia non si considera se non come la figlia incestuosa di Alessandro VI, l’amante
a un tempo di suo padre e dei suoi due fratelli [Cesare e Juan]”.
Papa Alessandro VI |
Come mai degli umanisti di quello spessore erano
potuti arrivare a quel punto?
In effetti
la reputazione di Lucrezia si era offuscata in seguito all’accusa di incesto
rivolta da Giovanni Sforza, suo primo marito,
rabbioso per essere stato costretto ad accettare l’annullamento del
matrimonio preteso dal papa Alessandro VI.
lettera di Papa Alessandro VI alla figlia |
E qui
dobbiamo riavvolgere il nastro della Storia non senza premettere che è
indispensabile contestualizzare i fatti nel loro tempo, tenendo presente la lotta
per la sopravvivenza o per la conquista del potere da parte di stati italiani
piccoli e grandi; considerando che gli intrighi, gli assassini per fini
politici erano all’ordine del giorno, e che le alleanze si tessevano e si
disfacevano con la rapidità del fulmine; per cui l’amico di ieri poteva
facilmente diventare acerrimo nemico il
giorno dopo.
In tale
prospettiva non sorprende più di tanto se
anche i matrimoni fossero considerati uno strumento come un altro per
allacciare o rafforzare alleanze politiche
tra le famiglie potenti, in vista di interessi futuri, degli appoggi e comunque
dei vantaggi e benefici politici o militari che ne potevano derivare.
La regola, insomma, è sempre quella di non guardare
le cose con il punto di vista odierno,
“con il senno di poi”, ma cercare di penetrare nello spirito del tempo.
Un tempo,
quello Rinascimentale, che, al di là
della sua spietatezza, è stato faro di cultura e civiltà per altri popoli, avendo prodotto i maggiori
artisti e umanisti, geni assoluti per il loro talento e la loro creatività.
Anche
Lucrezia, terza figlia di Rodrigo Borgia, ricco e potente spagnolo nonché
arcivescovo di Valencia (Castiglia), come tutte le ragazze del suo ceto
ricevette un’educazione completa. Non
solo è bilingue perfetta (la madre Vannozza Cattanei è italiana), ma impara il
francese e le lingue classiche; inoltre apprende la musica, la danza, il
ricamo, va a scuola di eloquenza e di poesia.
Non le manca
una solida educazione religiosa, ricevuta nel prestigioso convento di San Sisto
a Roma.
Lucrezia Borgia secondo il pittore Dosso Dossi |
Ma quando al padre riesce il “colpo” di ascendere al soglio pontificio (11.8.1492),
elezione a cui aveva fortemente contribuito il cardinale Ascanio Sforza, quale
modo migliore di un matrimonio per suggellare l’alleanza con i potenti Sforza,
e gratificare così anche il cardinale?
Ed ecco che, poco più che undicenne, Lucrezia è già merce di scambio, una pedina nelle mani dell’ ambizioso genitore, che pure la ama con tutto il cuore.
Insomma una “vittima della logica della ragion di
Stato” come ha scritto Cristina Ubaldi Giuliano.
Il prescelto
è Giovanni Sforza, signore di Pesaro, il quale, due mesi dopo le nozze (1493)
quasi sicuramente non consumate per un riguardo all’età acerba della sposa,
se ne torna nella sua città. Lei resta a Roma, nel palazzo di S. Maria in
Portico, residenza ufficiale della coppia, finché si decide a raggiungere il
consorte a Pesaro (1494). Qui la sua condotta è irreprensibile, la sua vita
decorosa, di “dignissima madonna” come dichiarano i testimoni del tempo.
Tornati entrambi a Roma, nel 1497 accadono degli
episodi drammatici tuttora avvolti nel mistero: il fratello di Lucrezia, Juan,
il giovane spagnolo Pedro (chiamato Perotto) e la donzella Pantasilea, entrambi dell’entourage di Lucrezia, vengono assassinati
a poca distanza l’uno dall’altro.
Queste morti violente finiscono con l’alimentare la
fama sinistra che già circonda i Borgia, e getta ombre sul comportamento di
Lucrezia.
Intanto il
padre-pontefice sta covando altri progetti per lei, di nuovo docile strumento
dei suoi giochi di potere.
Adesso occorre allearsi con i regnanti di Napoli, e
re Alfonso II ha giusto giusto un figlio naturale, Alfonso, che è principe di
Salerno.
Il giovane ha appena diciassette ani, è bello e
seducente. Ma Lucrezia è già sposata; che fare? Semplice, basta annullare il
matrimonio con lo Sforza!
E se lui si
rifiutasse, basterebbe dichiarare la sua impotenza, affermare cioè che il
matrimonio non è mai stato consumato.
Giovanni
Sforza dapprima si rifiuta, ma messo al
corrente da Lucrezia sulle trame oscure
del padre riguardanti Milano e gli Sforza, arriva a temere per la sua vita,
quindi si arrende alla volontà del pontefice. Sarà proprio il cardinale Ascanio
– ironia della sorte - a decretare
l’annullamento delle nozze.
Ecco ora pronto il nuovo matrimonio, sul quale
gravano le dicerie causate dalla furia di Giovanni Sforza, che, pur accusando
il suocero di incesto, salva comunque Lucrezia, considerandola forse succube
del padre, e tenta disperatamente quanto inutilmente di riaverla con sé. (Lo
Sforza tempo dopo si risposa con Ginevra Tiepolo e avrà due figli).
Siamo arrivati al 1498. Lucrezia intanto si è innamorata del marito Alfonso, nominato
duca di Bisceglie, e nutre per lui – raccontano le cronache – un’autentica
passione.
La ragazza è a sua volta nominata governatrice di
Foligno, e, benché incinta, si reca a compiere il suo dovere nei territori assegnati.
Il I.11. 1499 nasce Rodrigo, frutto di questo
amore. E’ il ragazzo di cui la madre si prenderà sempre cura fino alla morte
prematura, sopraggiunta nel 1512.
Incisione in cui Lucrezia presenta il proprio figlio |
Ma nubi nere si stanno addensando sul capo di
Lucrezia, perché suo fratello Cesare (chiamato il Valentino) sta tessendo per i suoi fini
un’alleanza con i francesi (che a loro volta nutrono mire su Napoli), e dunque
il cognato napoletano rappresenta un serio ostacolo ai suoi progetti.
Cesare
prepara allora un attentato (1500)
contro il giovane Alfonso, che però, nei pressi di S. Pietro, benché
ferito, sfugge agli sgherri. Soccorso, è assistito amorevolmente dalla sorella
Sancha e dalla moglie, ma, quando è in via di guarigione, viene strangolato nel
suo letto (18.8.1500) dal capitano di Cesare Michelotto Corella.
Lo strazio di Lucrezia davanti al corpo esangue del
marito tanto amato è senza fine. E’
disperata, rifiuta il cibo, non si mostra a corte.
Questa morte segna un momento fondamentale nella
sua maturazione: consapevole della cieca ferocia del fratello e del cinismo del
padre e dell’ambiente romano, Lucrezia si convince che è tempo di lasciare Roma
e i suoi intrighi.
Non passa molto, e già si ventila un nuovo
matrimonio; questa volta si tratta di Alfonso I d’Este, primogenito del duca di
Ferrara Ercole I.
La sua candidatura è sostenuta da Cesare, il quale
progetta un suo stato nella Romagna (e l’alleanza con gli estensi ne avrebbe
consolidato la conquista), ed è vista di buon occhio anche da Lucrezia, la
quale, grazie a questa unione (30.12.1501), potrebbe, secondo i suoi
progetti, allontanarsi da Roma.
Appianati i dissapori con il suocero dovuti al
costo troppo elevato del suo seguito romano, che viene congedato, Lucrezia si ambienta piuttosto presto alla
corte estense, e acquista la fama di accorta diplomatica, facendo dimenticare
le chiacchiere che l’avevano fin lì accompagnata.
E’ bella, intelligente, colta, si fa apprezzare, ed
è popolare.
A corte accorrono intellettuali, poeti come
l’Ariosto, il Bembo, il Trissino, che la celebrano e intrecciano rapporti con
altri famosi esponenti rinascimentali.
Quando
Lucrezia entra in depressione dopo la
morte, durante il parto (5.9.1502),
di una figlia nata
settimina, il veneziano Pietro Bembo,
che l’aveva affascinata con il suo stile di uomo e di letterato, le è vicino e
la sostiene; ma poi, per zittire le voci, lui lascia Ferrara: i due non si
vedranno più, e continueranno a intrattenere
una corrispondenza epistolare fino al 1517.
Il fratello, Cesare Borgia |
Nel 1503
muore Alessandro VI; Cesare ha dei
rovesci di fortuna, cade in disgrazia. Per Lucrezia è un periodo
particolarmente pesante; grazie al suo prestigio e alle sue doti diplomatiche
cerca di aiutare il fratello, che viene in effetti rilasciato dalla prigionia
spagnola. Nel 1504 lei incontra per la prima volta la cognata
Isabella d’Este (considerata per molti versi sua antagonista “naturale”) e suo
marito, Francesco Gonzaga signore di Mantova.
Tra i due nasce un’intesa di cui
non si preoccupa - dicono i documenti - nessuno dei rispettivi coniugi.
lettera di Lucrezia al Gonzaga |
Il 21.1. 1505 muore Ercole I, e allora il figlio Alfonso I affida alla consorte -
cosa piuttosto rara- la gestione delle istanze dei cittadini presso il
principe.
La duchessa - scrivono le cronache- assolve il
compito con “ingegno e bona gratia”.
Il 19.9. 1505 arriva finalmente il sospirato erede,
che però muore un mese dopo.
Passano
altri tre anni, Lucrezia subisce tre aborti, infine ecco l’erede: Ercole nasce
il 4.4.1508.
Due mesi dopo, viene accoltellato il poeta
ferrarese Ercole Strozzi, che forse faceva da intermediario nello scambio di
lettere tra Lucrezia e il cognato Francesco marchese di Mantova.
Morte misteriosa, e ancora più misterioso il fatto
che, malgrado il cognome del morto, fosse messo tutto a tacere velocemente
accantonando le indagini di rito.
Qualcuno fece il nome del duca Alfonso, forse reso geloso dall’intrigo tra la moglie
e il cognato.
Poco dopo questi eventi dolorosi, in Lucrezia
cresce un fervore religioso che si andava già manifestando attraverso la
lettura di Santa Caterina da Siena e San Bernardino. La sua vita si fa più
raccolta; passa lunghi periodi in convento, veste l’abito di terziaria
francescana, indossa il cilicio penitenziale.
Nel 1510 fonda il convento di S. Bernardino e il
Monte di Pietà per soccorrere i bisognosi, e, quando muore in seguito ad una
grave infezione, a trentanove anni appena, dopo aver dato alla luce Isabella
Maria, tutta la popolazione la piange. Si fa seppellire con l’abito di terziaria,
nel monastero del Corpus Domini, nella sua
Ferrara.
Lapide di Lucrezia Borgia e del marito Alfonso, duca di Ferrara |
Fonti
e bibliografia
Maria Bellonci, Lucrezia
Borgia e il suo tempo, Mondadori, 1939 (poi 1960; 1974).
Dario Fo, La figlia
del papa, Chiarelettere, 2014.
Enciclopedia Treccani, vol. 66, voce “Lucrezia Borgia”.
Fondazione Mondadori, Carteggio
1932-1968; lettera di Maria Bellonci del 5.11. 1932 - Archivio Storico
Mondad. Editore.
Lucrezia Borgia a Pesaro (Cristina Ubaldi Giuliano).
Lucrezia Borgia a Pesaro (Cristina Ubaldi Giuliano).
Intervista a Dario Fo di Lilli Gruber Trasmissione Ottoemezzo,
La7, del 24.4.2014.
Wikipedia, voce “Lucrezia
Borgia”.
quadro di Louis Boulanger (per acquistare riproduzione di Louis
Boulanger del Museo Victor Hugo di Parigi)
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