Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

domenica 22 gennaio 2017

Christine de PIZAN - Cristina da PIZZANO

Christine al lavoro
(Venezia 1365 – Poissy, Yvelines, - Francia v. 1430), poetessa, storica, moralista, è la prima autrice a vivere del mestiere di scrittrice

 di  Barbara Bertolini

Cristina nasce a Venezia nel 1365. Il padre Tommaso Benvenuto da Pizzano  è un valente medico e astronomo dell’università di Bologna. Nel 1357 su sollecitazione di un suo collega, Tommaso Mondini,  decide di trasferirsi a Venezia dove ottiene generosi riconoscimenti e l’incarico di Consigliere della Serenissima. Sarà durante il periodo veneziano che sposa la figlia del Mondini. Dalla loro unione nasceranno tre figli, Cristina, Aghinolfo e Paolo.
Cristina, orgogliosa delle proprie origini  ̶  si è sempre definita une femme italienne  ̶   è lei stessa a parlarne ne Le Livre de ladvision Cristine:

«[…] poiché, dal momento che io nacqui da nobili genitori, in Italia, nella città di Venezia, nella quale mio padre, nativo di Bologna la grassa, ove io fui poi allevata, andò a sposare mia madre, che vi era nata, per la familiarità che mio padre già menzionato aveva, già da molto tempo prima, con mio nonno chierico laureato e dottore nato nella città di Forlì e diventato professore nello studio di Bologna la grassa, il quale era consigliere stipendiato della sunnominata città ove io nacqui; causa di quella parentela mio padre ebbe l’apprezzamento dei veneziani e fu, per il valore e l’autorità della sua scienza, ugualmente tenuto in conto di consigliere stipendiato della suddetta città ove io nacqui».*
Intanto, Tommaso da Pizzano, sulla scia dei suoi successi professionali e soprattutto  della sua fama di astrologo, riceve ben due inviti: quello di Luigi I il Grande, re d’Ungheria, e quello del re di Francia Carlo V che  vogliono ad ogni costo assicurarsi i suoi servigi. Tommaso opta per il re di Francia, rinomato per la sua saggezza. Una scelta di cui non se ne dovrà mai pentire, almeno fino alla morte del sovrano e che,  come vedremo, cambierà la vita della piccola Cristina.  
Siamo nel 1369 e l’intera famiglia si trasferisce a Parigi, presso la corte di Re Carlo V, lasciando definitivamente l’Italia. A Parigi i Pizzano, il cui nome viene subito francesizzato in “de Pizan”, vengono accolti con tutti gli onori. Re Carlo apprezza talmente il  bolognese da ospitarlo con l’intera famiglia alla sua corte, donandogli terre e rendite oltre a riconoscimenti e benefici. L’intesa fra i due è, infatti, immediata poiché il re francese è una persona di grande cultura, amante della filosofia e delle scienze; è lui a fondare la prima biblioteca reale di Francia. Dal suo illustre ospite, come uomo di scienza e esperto di astrologia, il re si aspetta i consigli preziosi per le sue importanti scelte politiche. Consigli che il bolognese sa elargire con acume e saggezza poiché si pensa che sia lui, nel 1377, ad essere l’artefice del ravvicinamento tra il regno di Francia e la Repubblica di Venezia.
A Parigi Cristina, chiamata subito Christine, viene proiettata in un mondo sfarzoso, codificato da regole da imparare e seguire con puntuale sollecitudine se si vuole sopravvivere. Per fortuna, la bambina è sveglia e graziosa e non le è difficile imparare la liturgia della corte francese. Ma quello che farà di lei una futura letterata saranno gli insegnamenti paterni.
Non se ne conosce il motivo ma Tommaso, in disaccordo con sua moglie, si adopera per procurare alla figlia, a dispetto del suo sesso, una cultura letteraria di grande profilo. Eppure, Christine non è figlia unica poiché ha altri due fratelli. Ma evidentemente, insegnando ai due figli maschi, il padre che  nota la curiosità e l’attenzione verso il suo insegnamento, grazie alla bella intelligenza della figlia, probabilmente superiore a quella dei fratelli,  decide di rivolgerle il suo impegno di maestro-professore.
Per circa dieci anni le cose per i de Pizan vanno bene alla corte di re Carlo V e Christine riceve, lungo tutto questi anni,  un’educazione eccezionale da un padre definito dalla figlia «uomo di grandi tesori, tanto preziosi quanto impossibili da rubare trattandosi di beni immateriali quali virtù e sapienza». Parole che dimostrano la sua venerazione per il genitore tanto amato. Quelli saranno gli anni più belli e fortunati della giovane veneziana.
Il bolognese, non solo sarà il “maestro” della figlia che ha saputo appassionare allo studio di materie difficili,  ma riuscirà a trovarle un marito all’altezza delle sue aspettative. Infatti, arrivata all’età delle nozze, grazie all’agiata posizione occupata a corte,  non le mancano certo i pretendenti e Tommaso sceglierà per Christine un  giovane gentiluomo picardo, Etienne Castel, di cui ha avuto modo di apprezzarne le doti.  Il matrimonio viene celebrato agli inizi del 1380, la ragazza ha 15 anni e il futuro marito 24. Un’unione felice sotto tutti i punti di vista, sia sentimentale che economico. Infatti, grazie all’interessamento del suocero, Etienne sarà sia segretario del re che notaio. E la ruota della fortuna di Christine sembra girare sempre nel verso giusto. 
Christine in un quadro di Tristan Rosa
Ma, proprio l’anno del loro matrimonio, muore il saggio Carlo V  e le sorti della famiglia de Pizan si capovolgono perché Tommaso, anche se continua a rimanere a corte, perde del grande credito che aveva goduto fino a quel momento, anzi, vieni visto quasi con sospetto e le sue rendite cominciano a declinare fino ad azzerarsi completamente. La situazione lo sprofonda in una depressione che lo porterà dopo lunga malattia alla tomba. Muore, infatti, nel 1387.
Tre anni dopo, nel 1389, vittima di un’epidemia, muore anche Etienne durante il suo trasferimento a Beauvais per seguire il nuovo regnante, Carlo VI.
CHRISTINE RIMANE SOLA
Prima orfana di un padre che le aveva garantito una vita piena di agi, ora vedova con tre figli avuti durante il suo felice matrimonio, per Christine cominciano anni difficili. Anche i fratelli ritornano in Italia ad occuparsi dei possedimenti del padre e lei rimane con l’anziana madre.  Inoltre il periodo storico in cui vive non è certo dei più lieti poiché la Francia è dilaniata dalla guerra dei Cent’anni.  Alla morte di Carlo V, sul trono di Francia era subentrato suo figlio Carlo VI di appena 11 anni, sotto la reggenza dei quattro duchi d'Angiò, di Borgogna, d'Orléans e di Berry. Ma, nel 1385, Carlo VI aveva deciso di prendere direttamente le redini del suo regno palesando ben presto la sua pazzia. Ecco perché dal 1393 la Francia è governata da un consiglio di reggenza presieduto dalla regina Isabella, il cui membro più influente del consiglio è il duca di Borgogna, Filippo l'Ardito, zio di re Carlo VI, mentre suo fratello, Luigi d'Orléans, cerca di contrastarne il potere.
Christine, che può contare solo su se stessa, capisce subito che se vuole sopravvivere deve suscitare attenzione e trovare mecenati, riuscendo a barcamenarsi alla corte in mezzo a intrighi e rivalità di ogni genere.
La sua situazione economica è pessima per i vari redditi che le vengono a mancare. Il padre non era stato un buon amministratore delle donazioni ricevute, e Etienne, sopravvissuto troppo poco, non era stato in grado di riportare le finanze in attivo. Inoltre, alla sua morte, la vedova non riceve più lo stipendio del marito, o, comunque, lo riceve irregolarmente. Anche i possedimenti del padre le vengono contestati ed è così che Christine sarà costretta a battersi per anni in azioni legali al fine di recuperare quello che le spettava, lei che non era minimamente preparata ad affrontare tali problemi.
In un ballata scritta dopo la morte del marito, Christine fa capire bene lo stato di solitudine in cui si trova:
                   Sono sola, e sola voglio rimanere,
                        sola, mi ha lasciato il mio dolce amico,
                        sola, senza compagno né maestro,
                        sola, triste e dolente,
                        sola, languo sofferente,
                        smarrita come nessuna
                        sola, senza più amico.
                        Sola, alla porta o alla finestra,
                        sola nascosta in un angolo,
                        sola, mi nutro di lacrime,
                        sola, dolente e quieta,
                        sola, non c’è nulla di più triste,
                        sola, chiusa nella mia stanza
                        sola, senza più amico…
(Ballade, XI, in Oeuvres poétiques de Christine de Pizan a cura di M. Roy, 3 voll.  Traduzione P. Caraffi)
Ed è qui, in piena crisi esistenziale, che la storia di Christine si trasforma in “storia” tout court poiché, come dice chiaramente lei stessa, assume la mentalità da uomo e prende in mano le redini del suo destino: «Ora io fui vero uomo […] Mi ritrovai con un animo forte e ardito di cui mi sorprendevo ma capii di essere diventata un vero uomo» (Le livre de la Mutacion de Fortune, vol.I)

Ha 25 anni, è vedova e alle donne nella sua condizione rimaneva solo una via; quella di risposarsi. Ma Christine non ci pensa  perché è abbastanza saggia e intelligente da sapere che non potrà trovare  un uomo come Etienne e, soprattutto, non vuole essere sottomessa alla volontà di un’altra persona che difficilmente sarà all’altezza della sua preparazione culturale.
Come qualsiasi uomo, non le resta che trovarsi un lavoro per mantenere la famiglia. Non ha bisogno di cercare molto perché il lavoro ce l’ha già nella testa. La veneziana deve mettere a frutto la sua grande cultura. In un periodo in cui più  del 90% della popolazione è analfabeta, lei ha avuto la fortuna di essere istruita ed ama scrivere. Da quando si è sposata Christine, infatti,  nel tempo lasciato libero dalle maternità,  ha sempre scritto composizioni che venivano lette in famiglia e molto apprezzate dagli intimi. Ma anche una volta rimasta vedova, nella sua solitudine, ha continuato a scrivere migliaia di testi che le sono serviti come apprendistato. Sarà dunque la scrittura il mestiere che le permetterà di sopravvivere.
Christine con il figlio
E per farsi conoscere decide di inviare, ad amici che le erano rimasti fedeli a corte  ̶  ma anche per assicurarsi la loro protezione  ̶  rondeau, virelai e ballate, appartenenti a generi ben codificati in quel tempo, che finiscono per deliziare tutti gli ascoltatori garantendole stima e simpatia.
All’inizio della sua attività di scrittrice si impegna soprattutto nella poesia lirica, illustrata in particolare da quello che lei riteneva il suo maestro, ovvero  Eustache Deschamps.  Tra le pubblicazioni dell’italienne:  Les Cent ballades, sedici Virelais, quattro Ballades d’estrange façon, due Liais, sessantanove Rondeaux, sessanta Jeux à vendre, e ancora cinquantatre Ballades de divers propos e due Complaintes amoureuses. E’ la stessa Christine a dirci che dal 1399, quando inizia a scrivere, al 1405, data delle note autobiografiche contenute nel Livre de l’advision Cristine (p. 111), senza contare le composizioni minori, aveva compilato quindici volumi principali e tutti insieme erano contenuti all’incirca in settanta quaderni di grande spessore: una vera industria di scrittura!
Ella così indirizza le poesie amorose, descritte secondo il modo cortese, a uomini  che passano a corte per essere dei campioni di virtù cortesi come Charles d’Albert, Louis de Sancerre, Jean di Châteaumorant. Strategia che porta i suoi frutti poiché la sua situazione inizia a migliorare. Il conte di Salsbury, Jean Montaigu prende al suo servizio il figlio 13enne di Christine e lo conduce con sé in Inghilterra nel 1397. Dopo la morte del conte e quella di Riccardo II, re Enrico IV tenta di trattenere al suo servizio il giovane e, soprattutto, di far venire anche la madre presso il suo palazzo reale. Ma Christine è irremovibile: non  andrebbe mai al servizio di un re ritenuto da lei “desloyal”. Anche Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, la invita alla sua corte, ma la scrittrice, che apprezza questo invito, rifiuta perché lasciare la Francia, sua seconda patria che le ha dato tanto, sarebbe come tradirla.
All’inizio del ‘400, grazie alla sua consolidata notorietà, Christine de Pizan ha ormai raggiunto quella sicurezza economica che le permette di guardare avanti senza problemi. Comincia, infatti, a godere delle attenzioni di mecenati potenti come i principi di sangue o i cugini del re, barcamenandosi tra gli uni e gli altri, spesso in guerra tra di loro, rimanendo comunque sempre libera nelle sue scelte. Christine riesce anche a sistemare la figlia in convento.
Libera da impegni di capo-famiglia, approfitta di questo periodo fortunato per buttarsi a capofitto nelle letture ritenute fondamentali per perfezionare la sua già vasta cultura letteraria, libri che trova nella biblioteca di Carlo V. Legge Ovidio, Valerio Massimo, Publio Vegezio Renato, Severino Boezio,  ma anche i suoi contemporanei come Jacques Legrand o Vincent de Beauvais. L’italienne aveva già letto a fondo anche le opere dei suoi compatrioti come Dante, Boccaccio o Cecco d’Ascoli. Insomma, un ventaglio ampio di conoscenze che spazia dagli storici ai filosofi ai poeti, impensabile per una donna del suo tempo e che le frutta  la  qualifica di umanista.
QUERELLE DEL ROMAN DE LA ROSE
A partire dal 1402 l’attività letteraria di Christine prende una piega nuova. La donna si sente ormai pronta ad affrontare qualsiasi dibattito, poiché padroneggia la cultura letteraria ed è in grado di far valere le sue opinioni. L’occasione si presenta con il “Roman de la Rose” di Jean de Meun che aveva entusiasmato gli umanisti a lei vicini come Jean de Montreuil, prevosto di Lilla, Gontier Col, segretario del re e suo fratello Pierre, ma non lei che non apprezza del poema allegorico la violenta satira contro le donne e il matrimonio. Lei osa mettere in dubbio la seconda parte del “Roman” quello che riguarda la misoginia che lo caratterizza. La prima parte era stata scritta e lasciata incompiuta da Guillaume de Laurris, completata successivamente da Jean de Meun.
Già nel 1399, nel suo volume, Epistre au dieu d’amours, l’italienne si era espressa contro l’antifemminismo del “Roman”. Questa volta la scrittrice si lancia nella querelle avendo dalla sua parte ben tre importanti personaggi come il cancelliere Gerson, il prevosto di Parigi, Guillaume de Tignonville, e soprattutto del maresciallo Boucicaut, fondatore di un Ordine cortese. E’ proprio Christine a prendere l’iniziativa inviando alla regina una raccolta di Epistres du débat sur le Roman de la Rose.  A corte, infatti, si usava in quel tempo dibattere di questioni amorose formulando domande alle quali uomini e donne potevano rispondere. Ed è Christine, con le sue argomentazioni, che saranno poi approfondite in “Querelle de la Rose” e “Querelles des femmes” a uscirne vittoriosa perché riesce a portare all’attenzione della corte un problema fondamentale che non è solo letterario, ma è, sia una protesta contro la diffusa misoginia del tempo, che una richiesta di riconoscimento di dignità alle donne. Questo fu un caso straordinario che tenne in subbuglio il mondo accademico. Ci voleva infatti coraggio per prendere pubblicamente posizione contro la tesi misogina del Roman de la Rose, un best seller del tempo: lei, una donna, aveva osato erigersi contro un’istituzione universitaria.
BIOGRAFIA DI CARLO V
La sua fama di scrittrice  è ormai consolidata. Lo dimostra il fatto che dopo la vittoriosa querelle, Filippo di Borgogna detto l’Ardito commissiona proprio a Christine la biografia di suo fratello, Carlo V, che l’italienne aveva personalmente conosciuto. Le condizioni che pone Filippo l’Ardito per la stesura della biografia è che non solo doveva servire a ricordare il re  defunto ma doveva avere anche valore pedagogico per le generazioni a venire. Un’offerta che Christine non può certo rifiutare. In soli quattro mesi,  la scrittrice conclude la prima parte della biografia. Ma nel 1404 Filippo l’Ardito muore. Christine riesce comunque a portare a termine il lavoro in poco più di un anno e a consegnarlo al figlio di Filippo, Giovanni Senzapaura.
Nella stesura della biografia, Livres des fais et bonnes moeurs du sage roy Charles V, racconta, in prosa, numerosi aneddoti che servono ad illustrare le virtù morali del re, le sue capacità guerriere e quelle intellettuali. In controluce, però, proietta soprattutto la figura del sovrano ideale, nella quale si riconosce in trasparenza il committente dell’opera, Filippo d’Ardito che, come accennato, morirà prima di vederla completata.
Con tale capolavoro Christine si collocherà come prima donna storica laica d’Occidente anche se i libri di storia menzionano solo Madame de Staël.  La biografia  su Carlo V è una vera e propria opera storica costruita su fonti bibliografiche poiché i fatti e le date da lei riferiti sono risultati veritieri. Grazie alla biblioteca voluta dallo stesso sovrano, Christine aveva potuto consultare molti testi come i Grandes chroniques de France e, per tanti fatti, invece, era stata testimone oculare o aveva avuto informazioni di prima mano. La cosa interessante della biografia è che la scrittrice, poiché non aveva potuto riferirsi a nessun altro lavoro simile, era riuscita ad inventare un nuovo metodo di compilazione, realizzato con la fusione di vari elementi.
Christine con Louis d'Orléans
Questa primo lavoro politico di Christine, anche se non è stato un successo vero e proprio poiché furono solo quattro i manoscritti coevi, fu importante perché segnò una svolta  sia nella sua produzione che nella sua vita. 
LA PRODUZIONE LETTERARIA DI CHRISTINE DE PIZAN
Grosso modo possono essere considerate tre le fasi della imponente produzione letteraria di Christine de Pizan: la prima va dalle ballate alla Querelle de la Rose (1399-1402) ;  la seconda, la più prolifera, (1402- 1405),  vede la produzione soprattutto dei seguenti volumi: il Livre du chemin de long estue, il Livre de la mutacion de Fortune, La città delle dame, Le Livre des Trois Vertus o Le Trésor de la Cité des Dames; la terza  (1405-1413) è di trattati esplicitamente politici come Le Livre du Corps de Police e Le Livre de la Paix. Dal 1413 realizzerà solo due opere: Epistre de la Prison de vie humaine e, quando è già in convento, nel 1420,  Les heures de contemplacion sur la Passion de Notre Seigneur.  Il suo ultimo lavoro (1429) sarà quello dedicato alla pulzella d’Orléans, il Ditié de Jehanne D’Arc.
Fedele alla tradizione medioevale, l’opera di Christine de Pizan si avvale abbondantemente dal repertorio allegorico che si amalgama ad esempi ispirati alla storia antica, soprattutto a Valerio Massimo.
Dal 1400, come anticipato, l’italienne scrive fiumi di parole, a cominciare da L’Epistre Othea a Hector, che tira varie copie fino al  1404  e che dedica a Luigi d’Orléans, Carlo VI, Filippo l’Ardito e Jean de Berry. Qui vi inaugura il metodo della compilazione avvalendosi di numerose fonti (L’Ovide moralisé, l’Histoire ancienne jusqu’à César, la Divina Commedia, ecc…). Quest’opera fu tradotta anche in inglese. Nello stesso periodo Christine scrive pensando ai giovani, per educarli alle regole e alla pace in un momento di grandi disordini e sregolatezze come nel Livre de l’AdvisionChristine, composto per Giovanni Senzapaura, o Enseignements moraux scritto qualche anno prima e dedicato al figlio adolescente Jean Castel.
Nel Livre du chemin de long estudes, racconto di un sogno allegorico in 6392 versi,  Christine si ispira, in certi passaggi, alla Divina Commedia. In questo poema la scrittrice, che dice di essere “destinata” allo studio, grazie al suo amore del sapere e del suo impegno è condotta dalla Sibilla cumana presso la fontana della sapienza, dove risiedono i filosofi, per iniziare poi un lungo giro del mondo da Costantinopoli alle colonne d’Ercole, prima di visitare la corte della Ragione nell’Empireo.
Il Livre de la mutation de Fortune, un poema di ben 23.636 versi e alcuni passi in prosa, affronta nella prima parte il tema delle sue disgrazie che costringono la scrittrice a trasformarsi in uomo, nella seconda il ruolo della dea Fortuna. L’ambizione di Christine è di dare una descrizione il più possibile completa delle azione oscure e fallaci della Fortuna che ha governato la sua vita come governa il mondo intero con le entità Ricchezza, Speranza, Povertà ecc. Nella terza parte cataloga gli abitanti del castello, mentre nelle altre evoca la storia universale dei popoli. Un lavoro monumentale compilato sulla scorta di innumerevoli fonti.
Christine costruisce con la Regina la Cité des Dames
  
Le livre de la Cité des Dames è senz’altro il suo lavoro più celebre. Una città immaginaria dove creare uno spazio di autonomia e di libertà per donne virtuose. Dai dialoghi che l’autrice instaura con le tre Dame che vi  incontra, Ragione, Rettitudine e Giustizia, si ricava il pensiero di Christine rispetto alla svilente condizione della donna a cui la società nega tutto. Infatti in quest’opera la scrittrice esplora i motivi dell’oppressione del gentil sesso discutendo con Dama Ragione della misoginia. Un lungo elenco di donne che fin dall’antichità hanno portato contributi importanti in tutti i campi del sapere, dimostra, invece, che la loro bravura e competenza le colloca allo stesso livello degli uomini. Nella seconda parte dell’opera fa parlare, invece, Dama Rettitudine che descrive molti esempi di donne che hanno avuto un altissimo senso morale. Chiude con Dama Giustizia che elenca le donne migliori come la Madonna o Maria Maddalena e tantissime sante e martiri. L’intento pedagogico dell’autrice, in questo testo, è di mettere in evidenza l’esempio di figure femminili del passato per far prendere coscienza del ruolo attivo, sia esso politico, economico, o sociale che le donne hanno  sempre svolto e devono svolgere nella società. Non ha certo l’intento di rivendicare nuovi diritti. Siamo solo agli albori del femminismo e, per Christine, la cosa importante è dimostrare che anche le donne valgono quanto lor signor uomini.  Il tema della difesa della dignità delle donne viene poi da lei ripreso anche nei Livre des Trois Vertus e Le Trésor de la Cité des Dames.
Quando i pericoli sono ormai imminenti per la Francia, Christine realizza veri trattati di scienze politiche nelle opere: Livre du corps de police, Le livre des faits d’armes et de chevalerie, e Livre de la paix. Grazie alle letture di Artistotele e Sant’Agostino, l’italienne ha una visione positiva del corpo politico e di potere che, secondo lei, deve assicurare l’unità attraverso «la pace e l’amore». Il miglior governo, a suo giudizio, è la monarchia esercitata dal “buon principe”, circondato da consiglieri illuminati e disinteressati.
CHRISTINE NEL SUO LABORATORIO DI SCRITTURA E TRA I LIBRI MINIATI
Non meno importante è la sua attività di “editrice” poiché Christine ha dovuto, fin dagli esordi avvalersi dei migliori amanuensi del suo tempo per realizzare molte copie dei propri scritti (Gutenberg, inventore della stampa, era appena nato). E qui, la scrittrice, rivela doti eccezionali di politica editoriale e di “curatrice d’immagine” poiché, per presentare i suoi volumi nel modo più accattivante possibile, li fa abbellire con miniature che la ritraggono nei vari momenti del suo lavoro o che illustrano i suoi poemi e allegorie. In un’epoca in cui la fotografia era ancora da inventare, grazie a queste sontuose immagini, possiamo scoprire l’italienne, nel suo laboratorio, esile, elegante, sobria, abbigliata in una “divisa” professionale ovvero una veste lunga detta “cottardita”. E, per marcare il suo rango di professionista, Christine compare sempre vestita di blu, ritratta o al suo scrittoio,  o al cospetto della regina, del re e di altri dignitari del tempo, mentre consegna le sue opere o mentre è intenta a istruire il proprio figlio, ma anche quando, insieme alla regina sta costruendo, con la cazzuola e i mattoni, la città delle Dame. I suoi committenti apprezzano questi splendidi manoscritti, veri capolavori d’arte che ci danno ancora, a distanza di seicento anni, un’idea di quella che era l’attività di questa donna come “capo scriptorium”: primo modello laico femminile di raffigurazione del mestiere dello scrivere. 
Prima pagina de La cité des Dames
CHRISTINE ABBANDONA LA CORTE E SI RIFUGIA IN CONVENTO
A partire dal  1413 va scemando la sua attività letteraria. Per capire questa interruzione, bisogna fare un excursus storico:
Il regno di Carlo VI è segnato dalla guerra continua con gli inglesi. Ma anche l'antagonismo tra la famiglia  reale (Orléans) e la casa di Borgogna finisce di gettare la Francia nel caos e nell'anarchia. Avvantaggiandosi di ciò, Enrico V d'Inghilterra conduce un'invasione che culmina nel 1415, quando l'esercito francese è dolorosamente sconfitto nella Battaglia di Azincourt.
Sono avvenimenti che Christine vive con angoscia, la moglie di Carlo VI detto il Folle, Isabella di Baviera, è la sua mecenate e lei ha cercato, con le sue opere didattiche, di far capire ai contendenti l’importanza della pace e della concordia.  Giovanni Senzapaura o Carlo VI non si sono rilevati “buoni principi”. Ella vede nelle battaglie cruenti e sanguinose il fallimento delle sue esortazioni verso i giovani delfini e i nobili che avrebbero dovuto essere preparati a governare con saggezza. E quando Parigi cade nelle mani degli anglo-borgognoni, disgustata dalla violenza, fugge dalla città in rivolta anche perché suo figlio, Jean de Castel, segretario del re, segue Carlo nel suo esilio a Bourges.  La donna, che per la prima volta si sente in pericolo, per trovare l’unico luogo di pace rimasto, si rifugerà in convento, probabilmente a Poissy, lo stesso dove vive la figlia, ma senza prendere i voti, come usava allora,  perché rimane una donna libera e, anche se è una profonda credente, non vuole catene, nemmeno quelle spirituali.
CHRISTINE E JEANNE D’ARC
In convento Christine de Pizan rimarrà per quasi dieci anni in silenzio, scrive infatti una sola opera religiosa, quando un avvenimento inaspettato la toglierà dal suo torpore. Lei, che ha sempre predicato la parità delle competenze tra uomini e donne, vede all’improvviso confermata la sua teoria: è una donna, nientemeno che un’umile donna, a salvare la Francia!   
In quel 1429  la guerra dei Cent’anni continua e il suo paese  è sempre funestato da continue battaglia tra inglesi e francesi. Quando tutto sembra perduto per la Francia, una giovane contadina lorenese, Giovanna d'Arco, si reca dall’inconcludente Delfino Carlo dichiarandosi inviata da Dio per risollevare le sorti del regno di Francia. La ragazza sostiene di essere stata spinta ad agire in prima persona per il bene della Francia dalle voci dell'arcangelo Michele e delle sante Caterina d'Alessandria e Margherita d'Antiochia. Anche se gli storici inglesi minimizzarono il ruolo di questa contadinella, è tuttavia innegabile che da quando Giovanna d’Arco irrompe sulla scena, le sorti dell’esercito francese si capovolgono. Infatti, le truppe del delfino, guidate da Giovanna d’Arco rompono l’assedio di Orléans, infliggendo una pesante sconfitta alle forze inglesi e portando alle stelle il morale dei francesi che riescono a vincere una seconda battaglia, liberando tutti i territori fino a Reims dove  Carlo VII viene incoronato.
Ed è nel suo convento che, appresa la bella notizia, Christine pubblica la Diété de Jehanne d’Arc,  un poema pieno di belle speranze di gioia e di luce. Per sua fortuna, muore nel 1430 prima che la pulzella d’Orléans venga messa al rogo.
***
Lo storia di Christine de Pizan, come abbiamo visto, è piena di primati. Non solo è stata la prima donna ad aver fatto della scrittura una professione ma è stata anche la prima ad esprimersi nei vari campi della sua multiforme attività come quella storico-bibliografica, pedagogica, cavalleresco-militare o politica. Una donna, quindi, figlia di un medioevo che relegava le donne al ruolo di mogli e madri,  e che è riuscita, invece, a utilizzare la penna con intento educativo per valorizzare il ruolo femminile ma anche per spronare i governanti ad essere saggi amministratori.
Barbara Bertolini©2017Tutti i diritti riservati
Bibliografia:
*MUZZARELLI M.G., Un’italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan, intellettuale e donna, Il Mulino, Bologna 2007
CARRARA E., Christine de Pizan, Biografia di una donna di lettere del XV secolo, in “Quaderni medievali” 29, giugno 1990, pp. 65-81
CURTIS E.R., Letteratura europea e Medio Evo, a cura di R. Antonelli, Firenze 1992
TILLETTE J.-Y., voce Cristina (Christine) da PIZZANO (de Pizan), DBI, ??
FALLEIROS B., Fortune, force d’ordre ou de désordre chez Christine de Pizan, http://www.paris-sorbonne.fr/IMG/pdf/Barbara_Falleiros.pdf

BNF, manoscritto di Christine de Pizan, http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8451466w/f27.item
Film di Stefania Sandrelli su Christine de Pizan: http://www.mymovies.it/film/2009/christinecristina/

Nota: a Parigi i de Pizan abiteranno in una casa destinata dallo stesso Re Carlo V a Tommaso da Pizzano,  a rue des Célestines, ora denominata rue Charles V.
Nei testi antichi si trova anche il nome di Christine de Pisan.
Se il pittore Tristian Rosa avesse letto i libri di Christine non l'avrebbe mai dipinta con un vestito rosso (quadro centrale), infatti quel colore, secondo la scrittrice, era destinato solo alle regine. Lei nelle numerose miniature che la ritraggono indossava, infatti, solo il colore blu. 




5 commenti:

  1. Cara barbara, hai portato avanti una ricerca straordinaria per qualità e quantità delle info da reperire e strutturare, realizzando, con passione, una vera apoteosi per questa donna straordinaria, ignorata fino ad oggi da noi tutti, e che invece è forse la prima icona femminile della storia letteraria a tutto tondo per pienezza di vita, successi, grande spirito di iniziativa, e per il credo infallibile nelle capacità del suo sesso. Un personaggio, questo di Christine, che merita tutta la nostra attenzione e il nostro rispetto, e...naturalmente, grazie a te, Barbara, per averla fatta emergere dalla polvere dei secoli!

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  2. Ero sicura che ti sarebbe piaciuta, come è piaciuta a me. Una donna davvero eccezionale di cui rimangono, grazie ai suoi libri, tracce indelebili e fondamentali per capire il Medioevo. Merci ma chère j'apprécie beaucoup ton commentaire.

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  3. Una biografia eccellente! L'ho letta e apprezzata per la freschezza nella narrazione e la preziosità della ricerca ricca di fonti. Ne esce una splendida donna, sconosciuta ma degna per capacità intellettuale e grande spirito nella distinzione della forza e rettitudine che sono proprie di una letterata quale é. Sono rimasta colpita da questa storia. Una donna che, sebben aiutata dalla sorte poichè è riuscita a studiare, ha messo a frutto gli insegnamenti ricevuti ed è riuscita a essere "personaggio" in un'epoca in cui le donne erano assolutamente oscurate. L'idea poi che si sia creata inizialmente la capacità di editare i propri lavori non fa che aiutarmi nei miei programmi futuri di scrittrice in erba! C'è sempre da imparare, ne sono convinta, e questo blog è un insegnamento in itinere. Brava Barbara!

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    1. Grazie, i tuoi commenti colgono sempre gli aspetti più significativi del personaggio. Sapevo, come per Rita, che il personaggio ti avrebbe interessato; un bell'esempio di determinazione e coraggio!

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