Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

mercoledì 23 marzo 2016

Le due veggenti di Castelpetroso (Isernia)

Santuario di Castelpetroso
di  Rita Frattolillo

(marzo 1888 prima visione. Prima pietra del Santuario posta nel 1890, terminato nel 1959)


Il tempio neogotico del santuario di Castelpetroso (Isernia) dalle biancheggianti guglie slanciate che si staglia sullo sfondo di un vasto massiccio,  è l’esempio tangibile del grande movimento di popolo che, con generosità e tenacia, lo ha voluto erigere pietra dopo pietra in omaggio alla Vergine Addolorata che lì apparve, negli ultimi decenni del 1800, a due umili contadine, Bibbiana e Libera. Questa è la loro storia, ormai avvolta in un alone di leggenda.
Ci provava da giorni a distrarsi occupando la mente con altri pensieri, ma  inutilmente. Malgrado i tentativi Bibbiana non ci  riusciva proprio a cancellare  l’immagine di quei due che, nascosti dietro alla siepe, si abbracciavano stretti, i corpi talmente avvinghiati che a malapena si distinguevano l’uno dall’altro; ma lei li aveva riconosciuti lo stesso, e il fatto che erano due suoi compaesani le creava un’ansietà strana, di cui non riusciva a capire la ragione. Per placare la tensione crescente aveva cercato di mettere più intenzione nelle faccende di casa.

E sì che non le mancava il da fare!
Dalla morte della madre, anni prima, tutto il peso della famiglia le era caduto addosso; lei, la spensieratezza dell’infanzia, non l’aveva mai avuta: sempre trattata dal padre e dai fratelli come una donna adulta, non aveva mai potuto giocare come le altre bambine del vicinato, perché c’era sempre qualche incombenza di troppo che non poteva aspettare; poi, “spicciate” le faccende, le toccava pure portare a pascolare le poche pecore che avevano. Le sarebbe piaciuto tanto essere come le sue compagne, che, certo, pure loro si davano da fare in famiglia, però potevano contare sulla  mamma, sapevano con chi sfogarsi e dove trovare  protezione.
Quando era piccola era già tanto se,  tra la “culata (“bucato”,  voce dialettale  di origine latina :“colare”), la cucina, le pulizie domestiche e le altre faccende da sbrigare,  riusciva a rubare un po’ di tempo per giocare alla campana o a corda con le sue compagne. Solo di nascosto, per evitare gli sberleffi dei fratelli, poteva dare un’occhiata alla sua “pupattella” fatta con gli stracci, che lei teneva  con cura nella cùnnera (cunam in latino  vuol dire “culla”) dove avevano dormito a turno lei e i tre fratelli.
Intanto gli anni erano passati, e lei era cresciuta in fretta. All’età giusta, quando i giovanotti della frazione di Castelpetroso denominata Guasto, in provincia di Isernia, dove Bibbiana Cicchino abitava, si erano accorti di lei, non le era mancata qualche proposta di matrimonio, ma lei aveva sempre rifiutato per non venire meno ai suoi doveri di figlia e sorella coscienziosa e responsabile. Così le giornate scorrevano  tutte uguali, tra casa e campagna, fino alla sera in cui, rientrando dai campi con le sue pecorelle, aveva intravisto quei due che facevano “cose sporche” nell’ombra. Lei sapeva da quando, bambina, era andata a catechismo, che “quelle” cose non bisogna neanche guardarle, per non dispiacere all’ angelo custode.
Ma quella volta, la curiosità era stata più forte, e buttando l’occhio aveva riconosciuto due compaesani. Non ne fece parola con nessuno, però volle liberarsi di quel fardello con una bella confessione.
 Il sacerdote, saputi i nomi,  elogiò Bibbiana per aver mantenuto il segreto; infatti, se lei avesse parlato, ci sarebbe potuto scappare addirittura il morto. Queste cose le disse il sacerdote, nel darle l’assoluzione e la penitenza, e poi concluse: «La Madonna in ricompensa per l’opera buona da te compiuta ti uscirà innanzi».
Qualche tempo dopo, accaddero dei fatti inspiegabili di cui fu testimone Bibbiana, che, al ricordo della frase del prete, fu assalita da un oscuro timore.
Il 22 marzo 1888 era la mattina del giovedì che precede la domenica delle palme, una data destinata a restare impressa per sempre nella mente e nel cuore della donna.
La giornata si presentava nebbiosa, e dopo aver sbrigato le faccende più urgenti, Giovanna Fabiana Cicchino (questo il vero nome di Bibbiana) e la sua compagna Serafina Giovanna Valentino, detta Libera, si allontanarono da casa, sospingendo le poche pecore con i loro agnellini.
Erano dirette ad un piccolo appezzamento di terreno appartenente a Serafina, a metà costa del monte Patalecchia, un alto sperone che si erge di fronte a Guasto.
L’impervio terreno, situato nella contrada detta “Cesa tra Santi”, era fiancheggiato da un burrone di circa dieci metri dove si intravedevano diversi piccoli crepacci, ed era quasi tagliato a picco sopra un ruscello formato dalla discesa precipitosa delle acque torrentizie.
La gente di Guasto già da tempo aveva notato, di notte, un lumicino davanti ad una di quelle fenditure, ma non aveva saputo spiegarsene la ragione. Le dicerie erano tante, ma fu soltanto in seguito agli eventi che stiamo per raccontare che qualcuno prese coraggio e si  decise a informare, il 20 dicembre 1889, l’arciprete di Castelpetroso, Achille Ferrara.
Quel 22 marzo, dunque, c’era molta nebbia, ma questo non impedì alle due donne di uscire per i soliti lavori campestri.
Nel pomeriggio uno degli agnelli sparisce. Panico di Bibbiana: impossibile tornare a casa senza l’animale, che, nell’economia di famiglie povere come la sua, rappresentava un capitale da salvaguardare ad ogni costo. Perciò, abbandonati gli attrezzi agricoli, la donna senza perdere un attimo si mette alla ricerca affannosa, temendo  il peggio. Animali selvatici e famelici non mancavano, tra quei dirupi, e chissà che la pecora non era già stata azzannata o addirittura sbranata. Bibbiana corre di qua e di là, e intanto cerca con lo sguardo in ogni direzione. finché scopre la bestiola. Ma si trova giù nel burrone, e in un atteggiamento strano assai: sembra in ginocchio davanti ad uno dei crepacci…
Il tempo di trarre un sospiro di sollievo alla vista della bestia sana e salva, ed ecco che dall’interno della fessura lei vede folgorare per ben tre volte una luce fortissima.
Sgomenta e con il cuore in tumulto, Bibbiana si spinge come un automa verso la fonte luminosa prendendo per il sentiero. Mille congetture  le si affollano nella mente,  però una  si fa strada con  tremenda chiarezza: sarà la luce emanata dagli occhi di un lupo!
Arrivata alla piccola grotta, con ansia febbrile vi affonda impaurita lo sguardo, e invece si trova immersa in una visione che mai si sarebbe aspettata.
All’interno della fenditura, vede come in un lembo di cielo la Vergine seminginocchiata  dietro a  Cristo morto, disteso ai suoi piedi e coperto di piaghe. Un manto bruno la copre fino a terra, la veste è rosacea, la Madonna ha le mani  aperte, il viso è rivolto al cielo in atto di implorazione e offerta, ma non pronunzia verbo.

Presa dallo stupore e da un’intensa commozione, neanche la donna riesce a parlare, ma, non appena le torna il fiato in gola, grida con tutte le sue forze il nome di Libera, che, ancora ignara di quel che stava accadendo, era rimasta più in là   a lavorare da sola nel campo. A sentire  gridare il proprio nome, l’amica, temendo una disgrazia, si mette a correre per raggiungere Bibbiana, che, confusamente, balbettando, cerca di raccontarle l’ apparizione.
Anche Libera allunga lo sguardo nel crepaccio, ma la visione celestiale è sparita.
Non c’è che terriccio e sassi. Che fare? Impossibile continuare come se niente fosse successo.
Erano entrambe scombussolate, e nessuna riusciva a ragionare, a capire quello che era accaduto. Meglio, in ogni caso, riprendere il cammino di casa.
Lungo la strada, però, Libera cominciava a chiedersi perché, poi, la Madonna avrebbe dovuto mostrarsi soltanto a Bibbiana, anziché pure a lei. Possibile che solo l’amica meritasse quel privilegio? Piano piano, il tarlo della diffidenza si insinuò tra i suoi pensieri al punto che, prima di separarsi, Libera raccomandò all’amica di tacere con tutti, anzitutto in famiglia: non le andava proprio di essere giudicata dai paesani come  una persona indegna, esclusa dalla benevolenza di Dio.
Tuttavia, una volta rincasata, stretta dalle domande dei familiari che non si capacitavano sui motivi che l’avevano spinta  a rientrare in anticipo dalla campagna, Bibbiana non riuscì a tener fede alla raccomandazione di Libera, e raccontò tutto, dello smarrimento della pecora, della sua ricerca e infine della straordinaria visione avuta a “Cesa tra santi”.
La reazione di padre e fratelli non si fa attendere. Ostinati e compatti come non mai,  negano con decisione la realtà dell’apparizione: «Sarà stata sicuramente un’illusione ottica!»
 Lo stillicidio delle acque aveva formato qualche stalattite o una lastra di ghiaccio - dissero per convincere la ragazza - che lei, stoltamente, aveva preso come figura della Madonna.
Intanto, la notizia dell’apparizione corse come un lampo da un capo all’altro della frazione di Guasto, e in breve ne fu piena Castelpetroso. Ma se nessun familiare dava credito alle parole di Bibbiana, figuriamoci i compaesani! Le solite malelingue cominciarono a mormorare che siccome lei, ormai trentacinquenne, non trovava ancora marito, per darsi importanza e sentirsi considerata agli occhi della gente, s’era inventata quella storia…Il fratello Giovanni, poi, non era da meno e dava addosso alla sorella appena gli veniva fatto; pure il guardaboschi, un certo Antonio Forte, ci inzuppò il pane arrivando a vantarsi che avrebbe insozzato quella “tana di volpi” (così definì la grotta) con le sue stesse mani…
Il clero locale, d’altra parte, non perse tempo a prendere le distanze dalle “fantasie” di Bibbiana, e, durante la predica domenicale, dal pulpito partivano immancabilmente frecciate contro improbabili apparizioni.
In poco tempo, la gente si impadronisce del fatto di “Cesa tra santi”, che diventa l’argomento del giorno, ognuno dice la sua, e Bibbiana diventa una bugiarda agli occhi di tutti.
Ormai non ne poteva più di occhiate ironiche e  risatine beffarde, era arrivata al punto che evitava di mettere il naso fuori dalla porta.
Uno stillicidio che durò fino alla domenica di Pasqua, 1° aprile, quando l’apparizione si rinnovò, e questa volta ebbe per testimone anche Libera.
La Madonna si presentò nello stesso luogo e nello stesso atteggiamento del 22 marzo a entrambe le pastorelle, che ogni giorno, come attratte da una calamita, erano tornate alla rupe nella speranza di riavere la visione, ma sempre inutilmente.
L’annunzio della seconda apparizione attraversò la popolazione scuotendone l’incredulità, si allargò ad ondate successive come un movimento tellurico, toccando prima i paesi circostanti e poi gli altri.
Travolti dall’emozione, i castellani cominciarono a credersi privilegiati dalla bontà divina, allo stesso modo degli abitanti della Salette (Grenoble), di Lourdes, Caravaggio, Savona, Casalbordino (Chieti), tutti posti diventati famosi da quando vi era apparsa la Vergine.
Dopo la giornata di fatica nei campi, il ritorno a casa e un pasto frugale, i paesani verso l’imbrunire si avviavano a pregare a “Cesa tra santi”, nei pressi della rupe, ed erano sempre più numerosi. Le donne salivano alla grotta tenendo i bimbi per mano, con i più piccoli portati sul capo in una culletta.
Come percorsa da un fremito, la massa dei fedeli aumentava di giorno in giorno, e già dopo la seconda visione in una sola giornata  qualcuno contò circa quattromila pellegrini.
Molti, come è naturale, erano spinti dalla segreta speranza di vedere Maria. Diversi di essi furono esauditi, perché fino a tutti gli anni ’50 è documentata la continuità e la molteplicità delle apparizioni e dei veggenti.
In proposito così si esprimeva “Civiltà Cattolica”: «Castelpetroso è il Lourdes dell’Italia, con questo divario, però, che, ove a Lourde s l alVergine SS. apparve soltanto alla contadinella Soubirous, qui diessi a  vedere a moltissime persone di diversa età, sesso e condizione […]».
Il 5 aprile  le apparizioni cessano di essere un fenomeno riservato a Bibbiana e Serafina per diventare patrimonio del popolo; infatti quel giorno la Vergine, affiancata da S. Giuseppe e da S. Michele Arcangelo, si manifesta a tale Diamante Cicchino. Da quel momento in poi, Maria si mostrerà in sembianze e atteggiamenti diversi, ma sempre sulle balze di quella montagna, nello stesso crepaccio, a numerose altre persone, tra cui il Vescovo di Bojano Macarone - Palmieri e il direttore della rivista bolognese “Il servo di Maria”, Carlo Acquaderni.
Ben presto la stampa nazionale si impadronì del fenomeno di Castelpetroso, ma il giornale che nei fatti divenne l’eco delle apparizioni fu “Il servo di Maria”. Ad esso spettò lanciare, qualche mese dopo le prime apparizioni, un’altra notizia clamorosa, di cui, ancora una volta, fu protagonista Bibbiana.
Un giorno di tremenda calura del luglio 1888, il sole  spaccava la terra. Tutto era immobile e sembrava bruciare.
Il profumo della campagna era stato ingoiato da un’aria bollente che faceva gemere pure le pietre.
A Fabiana, immersa in quella fornace dove non si distingueva più niente, mancava la forza di affrettare il passo, e la sete non le dava tregua. In un impeto di disperazione, si abbassò a scavare con le mani una fossetta in un punto in cui la terra trasudava,  sperando di riuscire a raccogliere qualche goccia d’acqua.
Dopo qualche momento, con sconcerto vide che la fossetta si riempiva: ci poteva affondare le mani!
La piccola sorgente era sgorgata a circa dodici metri dalla grotta delle apparizioni, piuttosto distante da una  vecchia fonte ormai asciutta per la siccità. Quindi si trattava con ogni probabilità di una nuova sorgente.
Nel luogo dove le donne hanno visto la Madonna ora c'è questa scultura
All’inizio si pensò ad una semplice coincidenza, ma poi con meraviglia si dovette ammettere che il contatto con quell’acqua guariva inspiegabilmente da mali incurabili. Molti furono, infatti, gli effetti prodigiosi dell’acqua di quella rupe su malati gravi che la bevvero o se ne aspersero la parte colpita dal male; tra essi, il figlio di Carlo Acquaderni. Il giornalista bolognese era venuto una prima volta a Castelpetroso nel 1888  insieme al figlio Augusto (1876-1936), malato di tubercolosi ossea. Il ragazzo guarì – nessun medico seppe spiegare come – e da quel momento poté avere una vita normale, si ammogliò ed ebbe una figlia.
Tutti gli eventi che toccarono l’Acquaderni finirono regolarmente sulla sua rivista, che quindi divenne una miniera di informazioni. Dalle pagine del suo giornale  il giornalista  lanciò e caldeggiò la fortunata iniziativa delle offerte tese alla erezione del santuario.
Di fronte all’elargizione di tante, insperate grazie, da più parti, infatti, andava diffondendosi l’idea di erigere un santuario nel luogo  dei prodigi… Si è parlato e scritto dei numerosissimi miracoli attribuiti all’Addolorata, su cui la S. Sede, per accertare la realtà degli accadimenti, avviò doverosamente  processi istruttori e sopralluoghi. Anzi, non soddisfatta dei documenti esibiti dal Vescovo Macarone-Palmieri, la Santa Sede volle veder chiaro nei fatti per via diretta, inviando delle personalità incaricate di conoscere, accertare e riferire: tra esse, v’era Mons. Giacomo Della Chiesa, addetto alla Segreteria di Stato del Vaticano, che salirà al soglio pontificio con il nome di Benedetto XV.
Molte le traversie che connotarono l’erezione del santuario, la cui area interna misura 2800 mq,  che è stato costruito ed abbellito grazie alla gara di generosità di fedeli e benefattori italiani e stranieri, e grazie alla determinazione e al fervore di persone come l’Acquaderni.
dedica del Comune di Castelpetroso al giornalista
 Il santuario, la cui prima pietra è stata posta il 28 sett. 1890, ha una cupola alta 54 m. che è stata rivestita con foglie di rame (lavoro completato nel 1959), mentre la croce vi è stata issata il 9 novembre 1959. Elevato a parrocchia con bolla del 22 marzo 1957, è stato visitato il 19 marzo 1995 da Giovanni Paolo II. Diversi anni prima, il 6 dic. 1973, papa Paolo VI aveva dichiarato la Madonna Addolorata  Patrona della regione Molise con il papa “del gran rifiuto” Celestino V.
 Il 30 luglio 2006 nel corso di una solenne cerimonia officiata dal vescovo di Campobasso Mons. Armando Dini e con la partecipazione di numerosi fedeli sono stati benedetti il nuovo altare e il percorso per disabili costruiti sul luogo dell’apparizione.
Il tempio neogotico dalle biancheggianti guglie slanciate che si staglia sullo sfondo di un’elevata cortina montuosa e che nella lontananza sembra emergere come d’incanto dal verde cupo del vasto massiccio, è tuttora meta di pellegrinaggio ed esempio tangibile del grande movimento di popolo che, con generosità e tenacia, lo ha voluto erigere pietra dopo pietra tra non poche difficoltà.
Ma chi erano in realtà Bibbiana e Libera?
L’impressione che ne ricavarono, in particolare, due personalità inviate dal Vaticano per accertare i fatti, Giuseppe Lais e padre Morini, fu che le due donne non si discostavano dai loro compaesani. Infatti i due professori nelle loro relazioni parlano di «paesi pieni di fede e di semplicità di costumi»,  e di persone «dal contegno ingenuo e semplice che non ingenera sospetto che l’accaduto sia in parte fantastico od
immaginario».
La loro lineare e scarna biografia non offre molti appigli all’immaginazione, neanche alla più sciolta.
Giovanna Fabiana Cicchino, detta Bibbiana, era nata l’8 giugno 1853 a Guasto, prima figlia a cui seguirono tre maschi. Morta la madre, ancora piccola, come s’è detto, dovette accollarsi il peso dell’andamento domestico, e per questo motivo tardò a prendere in considerazione ogni idea di matrimonio. Il 10 agosto 1889 si sposò con il vedovo Giuseppe Nicola Notte della vicina frazione di Pastena, già padre di una ragazza. Trasferitasi con il marito ad Isernia e poi in una frazione, Coppolicchio, per motivi di lavoro, condusse una vita semplice e laboriosa e si fece notare per il suo attaccamento ai bambini del vicinato, che accoglieva nella sua casa, insieme ai suoi tre figli, Angelo, Angela Maria e Luisa, per insegnare loro i rudimenti della dottrina cristiana.
Dopo la morte del marito, si ritirò a vivere con la figlia Angela Maria, lasciando in parenti e conoscenti un ricordo di donna giudiziosa, equilibrata e devota. Ebbe altre visioni della Madonna, e il 22 marzo 1939 volle un’ultima volta arrivare a piedi fino al santuario, malgrado la contrarietà dei familiari, preoccupati per l’età avanzata. Il 29 maggio dello stesso anno moriva, confortata dai sacramenti, a 86 anni.
Non è dissimile dalla vita di Fabiana, quella di Serafina Giovanna Valentino, chiamata Libera, nata a Guasto l’11 maggio 1854. Sposata con Domenico Cifelli di Castelpetroso già all’epoca della prima apparizione, ebbe due figlie, Onesta e Pasqua.
 Si spense il 24 marzo 1931.
Non c’è molto da aggiungere al profilo di queste due donne semplici, che per un misterioso disegno hanno avuto il privilegio di essere testimoni di avvenimenti tanto straordinari.
Rita Frattolillo©2016 Tutti i diritti riservati

Fonti bibliografiche:
Giacomo Bellia, La mia guarigione e il Santuario di Maria SS. Addolorata in Castelpetroso, tipografia Colitti e figli, Isernia, 1895;
Giuseppe Lais, Relazione in Il Santuario dell’Addolorata a Castelpetroso, Grafica isernina, 1982, p. 80 sg;
Mons. Macarone – Palmieri, Lettera pastorale  per la posa della prima pietra, tipografia Colitti, Isernia 1890;
Antonio M. Mattei (don), Il Santuario dell’Addolorata a Castelpetroso, Grafica isernina, 1982;
Angelo Tirabassi (don), Castelpetroso, tipografia  La squilla del Molise, Oratino 1930;
Rivista “Civiltà cattolica”, Quaderno 963, pp. 328-29;
Rivista “Il Servo di Maria” dell’8 febbraio 1890.




2 commenti:

  1. Un caloroso ringraziamento alle professoresse Frattolillo e Bertolini per quest' articolo molto esaustivo sugli accadimenti di Castelpetroso.

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