di Rita
Frattolillo
(Napoli, 23.12.1894 – Napoli,
10.09.1981), direttrice d’orchestra, compositrice e
interprete musicale, pittrice
Ho scoperto l’artista Elena Ciamarra nel corso
dell’intervista che feci in occasione dell’
esposizione “Natura e Cultura” a Leonardo Cammarano, uno dei due figli che da lei hanno ereditato la grande
inclinazione per la pittura. Durante quella conversazione, era il 1994, egli
colse ogni occasione per parlarmi della madre e della sua arte, manifestando
profondo rammarico perché la figura materna, pur essendo nota in ambito
nazionale ed europeo, era pressoché sconosciuta proprio nella terra d’origine,
il Molise. Ancora una volta, insomma, nemo propheta in patria….
Giunti ai saluti,
volle invitarmi al castello Ciamarra di Torella – la casa-museo di famiglia –
dove erano ancora esposti diversi quadri e moltissimi disegni della madre, e
dove è custodito il suo glorioso pianoforte a coda Steinwey.
La visita al castello, che fu per me di grandissima
suggestione, mi convinse ampiamente della qualità dell’artista, al punto che mi
sono attivata subito dopo per promuovere presso l’Amministrazione provinciale
di Campobasso una serie di iniziative tese a far conoscere nel Molise Elena
Ciamarra, iniziative culminate in una importante mostra e nel volume omonimo,
di cui ho curato il coordinamento e la biografia, per stendere la quale ho
attinto alla memoria scritta da Leonardo (dirigente Rai, filosofo e pittore),
per suo espresso desiderio.
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Castello di Torella dipinto da Leonardo Cammarano |
Molisana per parte
del padre Giacinto, sposato con la napoletana Adele Contieri, Elena nasce a Napoli il 23 dicembre 1894. I
Ciamarra sono gli esponenti di una
famiglia molto in vista a Torella del Sannio, paese poco distante dal
capoluogo, Campobasso. Oltre ad essere un noto avvocato civilista del Foro di
Napoli, Giacinto è incline alle belle
lettere e si diletta a scrivere novelle. Lo zio di Elena, Guglielmo, è docente di Diritto Coloniale presso
l’università di Torino, autore di importanti opere di diritto e uomo politico
(è vicerè in Somalia ai tempi del Gabinetto Crispi). Il fratello Antonio, più
grande di lei di appena due anni, si distinguerà sul monte Tomba durante la
Grande guerra, tanto da essere decorato dal re in persona e, come grande
invalido, presiederà il Gruppo italiano delle medaglie d’oro.
Fin da piccola Elena
si incanta ad ascoltare le note che si levano dal pianoforte a coda, lo
Steinway di famiglia che troneggia nella
dimora napoletana alla Riviera di Chiaia, e
presto inizia a frequentare il Conservatorio, studiando con grande
profitto. Esigente con se stessa fino a pretendere la perfezione, dopo il Conservatorio napoletano frequenta quello di Roma. I suoi maestri, Beniamino
Cesi, Alfonso Rendano e Luigi Denza, in seguito diverranno suoi corrispondenti
ed estimatori.
Poco più che ventenne è già considerata un’eccellente
pianista, come testimoniano nei loro scritti i musicologi e gli intellettuali
del tempo Mariano Fortuny, Rinaldo Dohrn e Angelo Conti. In particolare,
l’oriundo spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949), è una personalità di
rilievo assoluto: pittore, scultore e fotografo, è tra i maestri del gusto dannnunziano. Amico
del Vate, fornisce al Vittoriale (villa di Cargnacco, Gardone ) velluti e
damaschi, la copertura dei divani e i
cortinaggi che si possono tuttora ammirare nell’ultima, eclettica e
scenografica dimora del poeta.
Intanto, le interpretazioni pianistiche (di Bach, Mozart,
Beethoven) di Elena attirano amici ed estimatori tanto nella dimora napoletana
che nel turrito castello Ciamarra di Torella del Sannio, diventato poi monumento nazionale.
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Pianoforte di Elena Ciamarra |
Oltre che per il
forte temperamento musicale, Elena attrae come compositrice di rara qualità
espressiva. All’avanguardia rispetto ai suoi tempi, è tra le pochissime donne a
conseguire – siamo nel 1916 – il diploma di piano e violino, quello di
composizione e direzione d’orchestra. A Berlino, si perfeziona presso il
maestro di tecnica pianistica Kreutzer, discendente del grande Konradin.
Ma la musica non le basta, perché, da quando ha potuto
tenere un pastello in mano, ha disegnato
e dipinto, senza più smettere.
E’ entrato nel mito di famiglia un episodio che mi ha riferito Leonardo: era
ancora una ragazzina quando un giorno Elena corse dal padre con gli occhi scuri
scintillanti per l’eccitazione mostrandogli orgogliosa un ritratto formato
tessera. L’avvocato, pur essendo abituato a tenere per sé i propri sentimenti,
ebbe un moto mal dissimulato di meraviglia: il ritratto che la sua
secondogenita gli porgeva sembrava proprio una sua foto! Quella ragazza non
finiva mai di stupirlo…
Di fronte alla sperata reazione paterna Elena con baldanza gli esternò un’idea che le
frullava per il capo, e che trovava assai divertente: far passare quel ritratto
come un normale documento di riconoscimento del padre. «Mai mi presterò a
questo gioco!» protestò Giacinto Ciamarra. Che alla fine capitolò, non
riuscendo ad arginare l’entusiasmo della ragazza. L’esperimento riuscì: nessuno
si accorse del “falso”.
Quest’ episodio è forse il più significativo tra i tanti che
hanno costellato un’esistenza lunga 87
anni e densa di eventi, tutti vissuti nel segno di una grande libertà personale
che fanno di Elena Ciamarra un’ artista poliedrica e singolarmente
rappresentativa nel ‘900.
Tenace e instancabile nel dedicarsi alle sue passioni,
Elena, per la dedizione assoluta all’arte,
convinse e coinvolse anche suo padre, che, per quanto severo, assecondò
sempre gli slanci della figlia, cercando al tempo stesso di convogliarli.
Comincia così un apprendistato che non conoscerà soste.
Alla scuola d’arte
affianca i contatti con i maggiori pittori del tempo, con gli ambienti
artistico-letterari, si sottopone a faticosi e lunghi viaggi per
l’Europa, frequenta dovunque i
musei. Monaco di Baviera, Parigi, Roma,
Vienna, sono solo alcune delle sue tappe. Permessi speciali le consentono di
eseguire direttamente nei musei le copie dei capolavori, considerate dagli
esperti straordinarie per la fedeltà all’originale.
Infatti, oltre alla capacità di ricostruire le velature
della pittura cinquecentesca, mostra di saper “trasmettere” la forza
espressiva delle opere autentiche
dipinte da Tiziano, Raffaello, Holbein, Bruegel il Vecchio.
Alcune di queste ‘copie’ sono custodite a Ferrara e a New
York, dove presso il Museo delle Copie è ospitato un Paolo III (l’originale è di Tiziano).
Continua a intessere rapporti con i circoli
artistico-culturali europei, come il gruppo del “Monte Verità”, la colonia
veneziana di Mariano Fortuny junior, i club goethiani tedeschi; frequenta le
accademie di disegno e pittura a Parigi e Salisburgo, compie viaggi in
Provenza, Venezia e in Africa settentrionale. Di essi restano consistenti
tracce in quadri e disegni da cui già «traspaiono
in filigrana storia e cultura europee», come ha osservato l’artista Gino
Marotta nel volume collettaneo succitato Elena
Ciamarra, del 1996 (p.21).
Anche il matrimonio con il chirurgo napoletano Pasquale
Cammarano si deve ai fervidi interessi
di Elena, che conosce il futuro marito
davanti ad un tavolo di anatomia, alla facoltà di medicina. In effetti le tappe
rappresentate dal matrimonio e dai figli rappresentano le uniche
concessioni di quest’artista ad una tradizione consolidata da secoli. Ma
né il matrimonio, celebrato nel 1928, quando Elena aveva la bellezza di
trentaquattro anno, né la nascita dei due figli Leonardo (1930) e Maria Luisa
(detta Minna, 1931, anche lei pittrice),
rallentano la sua attività. Trova il tempo di allestire personali a Milano,
Parigi, Firenze, Montecarlo, che si avvalgono della presentazione di personaggi
famosi: Karl Vincent Massa, Arturo Bovi, Lanfranco Orsini.
Intanto, il suo
temperamento d’artista affiora prepotente anche nel disegno, che a poco
a poco prende il sopravvento sulla pittura. Illuminante, a questo riguardo, il
giudizio dell’ “Almanacco Annuario della donna italiana” :
«Elena Ciamarra
Cammarano imprime nel sapiente modellato un indiscusso vigor espressivo; il
bianco e nero ha nella Cammarano una valente cultrice che interpreta la
tradizione ottocentesca non come accademia, ma come una genuina e viva sorgente
per l’arte sua».
La produzione di disegni diventa imponente, dominata dai
ritratti della gente del paese. Infatti
«è alla figura e al volto
umano che la pittrice ha dedicato un’attenzione costante per tutta la vita» e «
il popolo molisano, pietrificato nella fase finale della sua secolare storia
agro-pastorale, è colto in una antologia di straordinario significato, mediante
un rigore e una profondità che forse solo certi caratteri femminili riescono ad
esprimere in una logica così nitida e coerente»
ha rilevato Riccardo
Lattuada (p.13). Ritratti di contadini, donne e bambini continuano ad
affastellarsi invadendo ogni ripiano della casa. Tocca anche a Minna fare da
modello alla madre, dal momento che Leonardo - è lui stesso a raccontarlo - era
insofferente e mal sopportava di stare fermo per essere ritratto.
La critica loda
soprattutto l’ efficacia della penetrazione psicologica e il realismo del
chiaroscuro; il re in persona acquista nel 1937 una sua opera, Contadina molisana.
Inarrestabile, Elena continua ad allestire personali in
Italia e all’estero, a conoscere artisti e letterati; è presente sulla stampa.
A Parigi, fa parte del gruppo L’Eveil, rilascia interviste a Radio-France,
appare in programmi televisivi. Entra in amicizia con lo scultore Massa, che
introduce negli Usa gli impressionisti francesi, da Elena amati intensamente e
di cui si considera discepola spirituale. In effetti alcuni critici rilevano
che l’arte della Ciamarra è segnata da una sicura attenzione a Cézanne. A tal
proposito, Riccardo Lattuada (p.14) è dell’opinione che
«Nei paesaggi maturi
il cézannismo in nuce di taluni ritratti è portato ad uno stadio ancora più avanzato.
I dintorni di Torella, tipico mosaico molisano di campi disseminati tra colline
dispiegate in un orizzonte facilmente osservabile dall’alto, sono esplorati
nella loro struttura con un occhio che non concede nulla a qualsiasi tipo di
lirismo[…]. E’ forse questa la tensione estrema di uno sguardo vigile
soprattutto sul rigore delle scelte, e costantemente volto ad una selezione
persino ossessiva delle proprie risorse espressive.[…]La pittura di Elena
Ciamarra ci appare oggi moderna e
pienamente acquisibile dalla sensibilità critica attuale, e senza
nessuna concessione a mode esteriori o tendenze effimere, secondo un percorso
seguito con impressionante determinazione».
Il ritmo frenetico dell’artista prosegue fino a quando è
amareggiata dalla minaccia di cecità.
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Casa di Elena Ciamarra |
Si ritira allora nel
castello di famiglia, a Torella, dove continua a disegnare senza mai fiaccare
la sua carica creativa, ricorrendo a fogli sempre più grandi.
Impressionante la massa di fogli, cartoni, tele, spesso
disegnati su entrambi i lati, che continuano ad accumularsi; neppure un
centimetro di superficie è lasciato
libero; è dominata dall’esigenza
incontenibile di esprimere il proprio mondo interiore.
Poi, l’atrofia le guasta le mani rendendole difficile accostarsi alla
tastiera, ma lei, che si è fatta portare il suo adorato Steinwey da Napoli, con
disperata determinazione si fa costruire dei guantini speciali muniti di
levette e tiranti che le permetteranno ancora di poter diffondere la voce del
suo piano nella vallata. Muore il 10.09.1981.
Rita
Frattolillo©2015Tutti i diritti riservati
FONTI
AA.VV., Elena Ciamarra, Amministrazione Provinciale
Campobasso, 1996
“Almanacco Annuario della donna italiana”, 1937, n. XV
Cammarano Leonardo, Memoria
Nota
Il 6 aprile del 2015 ignoti ladri hanno profanato la
casa-museo della grande artista, entrando da una porta secondaria del castello
di Torella. Hanno saccheggiato con tutta calma quadri e disegni, lacerato,
rotto e manomesso oggetti di grande
valore anche affettivo, messo sottosopra lo studio di Elena, fatto sparire
gioielli. Leonardo, che passa l’estate nel castello materno, appena avvertito,
è partito dalla Francia, dove si trovava con la famiglia, alla volta di
Torella, ed è rimasto sconvolto, più che per la perdita subita, per aver visto le immagini del raid vandalico.
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