Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

venerdì 28 aprile 2017

Elena Lucrezia CORNARO PISCOPIA

(Venezia 5 giugno 1646 – Padova 26 luglio 1684), erudita, ricordata come la prima donna laureata al mondo


di Rita Frattolillo


Lunico ritratto di lei che conosciamo la mostra con  il manto di ermellino, simbolo della dignità dottorale. Oggi  fa effetto, abituati come siamo alla corona d’alloro che esibiscono i neolaureati, se non sappiamo che  quel ritratto risale a diversi secoli fa e raffigura la prima donna al mondo ad essere laureata e a potersi fregiare del titolo di Doctor.  E’ il 25 giugno 1678 quando, a Padova, ha luogo l’esame per il conferimento del Dottorato in Filosofia a Elena Lucrezia Scolastica Cornaro Piscopia, che alla fine della discussione  è proclamata per acclamazione «magistra et doctrix in philosophia».

L’avvenimento è epocale e l’aula del Collegio, dove normalmente avvengono le lauree, è gremita all’inverosimile, tanto che si decide di spostare la dissertazione nella vicina cattedrale. La folla che si è radunata è immensa, fonti contemporanee parlano di 30 mila persone.
 Ma chi era  questa doctor?
Una targa posta nel palazzo dei Cornaro, presso Rialto  - oggi Cà Loredan, sede del municipio -, ricorda che Elena Lucrezia era nata a Venezia il 5 giugno 1646 da un’antica e nobile casata, da cui uscirono quattro dogi e nove cardinali, imparentata anche con Caterina Cornaro (1434-1510), regina di Cipro e poi signora di Asolo.  Fin da piccola dotata di acuta intelligenza e  spinta da una grande sete di conoscenza, Elena era sostenuta  in maniera particolare dal padre Giovanni Battista, procuratore di San Marco, uomo di buoni studi, mecenate in contatto con molti eruditi, erede di una fornitissima biblioteca frequentata dagli studiosi per le loro ricerche.

La madre di Elena, Zanetta Boni, una popolana bresciana, convisse vent’anni col futuro marito e gli diede cinque figli (Elena compresa) prima che si sposassero, e dimostrò di essere una donna fiera e capace di educarli.
Fu il confessore e amico di famiglia, l’umanista don Giovanni Battista Fabris,  ad avviare agli studi classici la bambina, di cui aveva intuito il talento e l’inclinazione.  La bambina era una enfant prodige, e la sua capacità di apprendere, fuori dal comune. Seguita da maestri di straordinario livello in ogni materia, Elena Lucrezia studiò matematica, astronomia, geografia; coltivò con passione la musica, le lingue classiche e moderne, dal latino al greco antico e moderno, dallo spagnolo al francese all’ebraico.  Il suo interesse principale andò però alla filosofia e alla teologia, nelle quali ebbe come maestri due professori di chiara fama dell’ateneo patavino: rispettivamente Carlo Rinaldini e padre Felice Rotondi. A 22 anni la giovane  era in grado di dissertare di matematica o filosofia e di passare  indifferentemente da una lingua all’altra; soprattutto, amava davvero la cultura e non le interessavano  le ambizioni paterne, ma non era uso, in quei tempi, contraddire il volere dei genitori. Riuscì comunque a diventare, nel1665,  oblata benedettina, rispettò cioè  i voti delle monache  pur continuando a vivere in famiglia. Si consacrò al sapere e alle opere di carità, e, sotto agli abiti normali, indossava uno scapolare di lana nera, simbolo della veste benedettina. Elena si massacrò tra studio e preghiera; molto probabilmente per questo il suo fisico non resse e si ammalò già prima di laurearsi. Ma anche se preferiva un’esistenza appartata, una vita austera e sobria, non potè sottrarsi alla sua fama, che si era diffusa rapidamente; fece parte di varie accademie in tutta Europa,  ricevette la visita di eruditi e studiosi da ogni paese. Nel 1675 la nipote del celebre medico Teodoro de Mayerne, Ginevra de Frotté, invitò Gregorio Leti a inserire Elena nella raccolta di biografie “L’Italia regnante”, e nel 1677 il cardinale Emanuele de Bouillon la fece esaminare da due eruditi. che ne rimasero ammirati.
Elena Lucrezia Corner Piscopia diventa una gloria per la sua famiglia, per l’università di Padova, per la Serenissima repubblica di Venezia. Sostiene pubbliche discussioni, diviene membro di accademie, tutti la vogliono vedere. Addirittura Luigi XIV fa fermare a Padova sulla via di Roma il cardinale César d'Estrées perché verifichi se quanto si dice della donna corrisponda a verità. Questi, accompagnato da due dottori della Sorbona, conversa con lei, le fa commentare testi in greco ed ebraico, parla in francese, spagnolo e latino; alla fine Elena dà anche un saggio musicale.
Esortata dal padre e dai suoi maestri, chiese al Collegio dell’università di Padova di essere ammessa all’esame per il conferimento del Dottorato in teologia. «Universa universis patavina libertas»: ispirandosi al proprio antico motto, il Collegio si era orientato in senso favorevole, già predisponendo i necessari adattamenti al cerimoniale, tra i quali la consegna del libro chiuso, invece che aperto, a indicare che l’insegnamento della teologia restava precluso alle donne.  Difatti la condizione di donna fu un ostacolo insormontabile, e il vescovo di Padova, cardinale Gregorio Barbarigo, che, in quanto tale, era anche Cancelliere dell’università, si oppose alla richiesta nella maniera più netta sostenendo che fosse “uno sproposito dottorar una donna e che sarebbe stato un renderci ridicoli a tutto il mondo”.  Senza il suo consenso, nessuno – né uomo né tantomeno donna – si poteva laureare in teologia. La Chiesa post-tridentina, per evitare che si sconfinasse verso il protestantesimo, era rigorosissima nell'insegnamento della dottrina cattolica: i maestri dovevano essere  persone capaci e ben preparate. E poiché la Chiesa era persuasa dell'inferiorità della donna rispetto all’uomo, la riteneva  incapace di ragionamenti difficili, tanto più sulle verità della fede. Di conseguenza, era  vietato alle donne ogni insegnamento di grado superiore, secondo quanto scritto da San Paolo nella Prima epistola a Timoteo: «Non permetto alla donna d’insegnare, né d’usare autorità sul marito, ma stia in silenzio».
S. Giustina PD
L’inevitabile conflitto tra il cardinale e il Cornaro si risolse con il compromesso del Dottorato non in teologia, ma in filosofia. Così fu: la candidata venne dichiarata «magistra in philosophia tantum». Aggregata al Collegio dei filosofi e dei medici dell’università patavina, l’anno stesso Elena fu esaminatrice per una laurea in filosofia. Dopo un breve rientro a Venezia, Elena Lucrezia visse a Padova fino alla sua prematura morte (in concetto di santità) avvenuta per tubercolosi il 26 luglio 1684. Fu tumulata nella locale abbazia benedettina di Santa Giustina, ma il padre voleva per lei un monumento sepolcrale. Tuttavia i benedettini di Santa Giustina, dove l’oblata  era sepolta a terra  secondo il suo desiderio, erano contrari, allora il procuratore si rivolse ai padri conventuali che accordarono il permesso di costruire un cenotafio in onore della defunta. Ma non era finita: dopo soltanto 38 anni  il cenotafio fu demolito perché l’ ultimo rampollo dei Corner Piscopia, cedendo alle pressioni dei frati favorevoli all’eliminazione del monumento (“ limitava la vista dell’altar maggiore”), accordò il consenso. Avendo sperperato il patrimonio familiare, il patrizio aveva bisogno di soldi e in tal modo poté vendersi le statue della sorella.
Il monumento con le statue della Fede, Carità, Purezza e Morte, di Cronos, Aristotele, Platone, Democrito e Seneca venne smantellato nel 1727.  Dopo i fulgori della fama in vita, su Elena calò ben presto l’oblio, salvo la ripresa di interesse manifestatasi in occasione del terzo centenario della laurea, quando misero mano alle ricerche. Ma di lei restano poche tracce, anche perché aveva disposto che fossero distrutti tutti i suoi scritti. Una raccolta delle sue opere poetiche e letterarie fu pubblicata a Parma nel 1688.

Delle statue del monumento rimane solo quella di Elena Lucrezia, recuperata sessant’anni più tardi da un’altra illustre  veneziana, Caterina Dolfin Tron, che la regalò all’ateneo patavino. La statua venne collocata ai piedi dello scalone del Bo’, il Palazzo principale dell’università, dove si trova tuttora.
Elena Lucrezia Corner Piscopia  è ricordata da un busto  nella basilica di S. Antonio a Padova. Le è stato dedicato un cratere di 26 km di diametro sul pianeta Venere, le hanno intitolato il Liceo statale Ettore Majorana-Elena Corner a Milano.  Inoltre  è ricordata in una vetrata a colori della biblioteca del Vassar College a Poughkeepsie (NY), la prima università femminile negli Stati Uniti, e, su iniziativa di Ruth Crawford,  in un affresco dell’università di Pittsburg. Infine,  un suo ritratto si trova alla Pinacoteca Ambrosiana a Milano.

Librairies Vassar
Ma Elena Lucrezia resta uno “straordinario simbolo ed esempio di libertà e autorevolezza femminile che, pur non potendo sovvertire tutte le regole sociali allora esistenti, dimostrò la capacità della donne di pensare e di docere, di insegnare,  affrontando con la forza dell’intelligenza la questione filosofica della conoscenza e della totalità del senso della realtà.” (M.C. Bartolomei)
L'Italia non vanta solo la prima laureata della storia, ma  «tutti e tre i gradini del podio. La seconda donna del mondo a laurearsi è Laura Bassi Verati, nel 1732, a Bologna; si laurea in storia naturale e medicina e diventa la prima donna docente universitaria. La terza è una rodigina, Cristina Roccati , che il 5 maggio 1751 si laurea in filosofia e fisica sempre all'Università di Bologna. Anche la quarta è italiana: Maria Pellegrina Amoretti, laureata a Pavia in giurisprudenza, il 25 giugno 1777.» (A.Marzo Magno).
Rita Frattolillo©2017 tutti i diritti riservati.
Fonti, risorse bibliografiche, siti:
Benedetto Bacchini (a cura di), Helenae Lucretiae (quae & Scholastica) Corneliae Piscopiae opera quae quidem haberi potuerunt, Parmae, typis Hippolyti Rosati 1688;
Patrizia Carrano, Illuminata. La storia di Elena Lucrezia Cornaro, prima donna laureata nel mondo, Milano, Mondadori 2000 (romanzo);
Angelo De Santi, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. Nuove ricerche, “La Civiltà Cattolica”, S. XVII, 4 (1898), pp. 172-186; 421-440; 678-689; 5 (1899), pp. 176-193; 433-447;
Nicola Fusco, Profilo di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia 1646-1684. Prima donna laureata del mondo, Padova, P.P. Benedettini 1976;
Francesco Ludovico Maschietto, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (1646-1684) - prima donna laureata al mondo, Centro per la storia dell’università di Padova, Padova, Editrice Antenore 1978;
Maria Ildegarde Tonzig (a cura di), Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureata nel mondo. Terzo centenario del dottorato, 1678-1978, Vicenza, V. Gualandi 1980;
www.enciclopediadelledonne.it/biografie/elena-lucrezia-cornaro-piscopia di Maria Cristina Bartolomei;
www.linkiesta.it/it/article/2012/03/07/1678 di Alessandro Marzo Magno.



5 commenti:

  1. Una biografia che ti apre il cuore! Bellissima Rita,complimenti davvero per aver riportato alla luce un genio, in quanto femmina ostacolata per la paura del confronto. Grazie per averla fatta conoscere, grazie perché io l'ho potuta conoscere attraverso la tua ricerca! Alma

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  2. Cara Alma, grazie per queste sentite parole di apprezzamento, che gradisco particolarmente, perché ho inseguito a lungo le tracce di Elena Lucrezia. Avevo cominciato a leggerne qualcosa tempo fa, ed ero rimasta letteralmente impressionata dallo spessore del suo genio e dalla sua determinazione, purtroppo ostacolata da certa ottusità e dal forte misoginismo dell'epoca, segnatamente nella sfera ecclesiastica. Così, è stato per me il minimo dovere, metterla nella luce che merita presso i posteri! Di nuovo, grazie, Alma, amica mia!

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  3. un grand merci pour cette biographie très enrichissante !
    Hélène

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  4. un grand merci pour cette biographie très enrichissante !
    Hélène

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  5. Bellissimo sapere la vita di questa donna speciale, splendida, che pur avendo mille difficoltà contro, ha lasciato tanto lustro al nostro paese e alla sua natura oppressa. Grazie!!!

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