Due giornaliste, con alle spalle 20 anni di ricerche biografiche, hanno deciso di concentrarsi sul variegato mondo femminile, così poco studiato fino a non molto tempo fa e che la storia ha spesso relegato nel dimenticatoio...

venerdì 8 settembre 2017

Luisa SPAGNOLI (nata SARGENTINI)


(Perugia 30.10.1877 – Parigi 21.09.1935), imprenditrice

di  Barbara Bertolini


Cuore, mente e destino sono gli artefici della vita di questa donna determinata, coraggiosa, intuitiva e piena di talento che diverrà una delle più grandi donne  d’impresa che l'Italia abbia espresso. 
Una mamma vedova, un padrino ubriacone che la donna è costretta a cacciare di casa, quattro figli da mantenere, la miseria che morde:  nella seconda metà dell’800 erano numerose le famiglie italiane che vivevano nell’indigenza. Ecco perché, raggiunta l’adolescenza, i figli dovevano portare a casa qualche spicciolo per sopravvivere, compresa Luisa che a 13 anni è inviata ad impratichirsi del mestiere di sarta e che a vent’anni troviamo già come affermata lavorante nel laboratorio di sartoria di corso Vannucci a Perugia.
Quella è anche l’età degli amori e a far battere il cuore alla ragazza è un giovane clarinettista di Assisi, venuto a Perugia con la sua banda musicale. Il ragazzo si chiama Annibale Spagnoli e, anche lui, non ha occhi che per la bella morettina che sembra apprezzare la sua musica. Annibale, che  suona nella banda insieme al fratello Luigi, proviene da una buona famiglia. Ecco perché mamma Maria è consenziente quando, più tardi, i due decideranno di fidanzarsi.
Annibale, però,  deve partire per il servizio militare a Mantova e, prima di andarsene, chiede alla ragazza di sposarlo poiché rimarrà in quella città per i tre anni di ferma e vuole Luisa accanto a sé.
I due convoleranno a nozze il 27 febbraio 1899, sul certificato matrimoniale lui risulta musicante e lei sarta. A Mantova la giovane donna fa presto a farsi una clientela tra le mogli dei militari in un periodo in cui il pret-à-porter dev’essere ancora ideato. Rimane anche incinta e il primogenito, Mario, nascerà lì agli albori del nuovo secolo.  
Annibale non è il marito premuroso che si potesse immaginare, anzi, primogenito di numerosi  figli maschi è stato abituato a comandare e, in casa, quando vi è lui, è un continuo litigio perché anche Luisa ha il suo caratterino non certo remissivo. Nella primavera del 1901 quando la giovane sposa scopre di essere di nuovo incinta non se la sente più di continuare a vivere in una città infestata dalle zanzare e senza l’aiuto di qualche familiare che le possa dare una mano per il piccolo Mario e il futuro nascituro. D’altronde, la ferma per Annibale scadrà alla fine dello stesso anno, ecco perché decide, dopo due anni di lontananza, di ritornare a Perugia.
A Perugia la donna ritrova tutti i suoi affetti e il 19 settembre di quell’anno dà alla luce Armando, il secondogenito. Annibale vedrà il figlioletto solo alla fine del 1901 quando sarà finalmente congedato. Lui vorrebbe ritornare ad Assisi, ma Luisa è irremovibile, resterà a Perugia.  Anzi, la donna,  con il piccolo capitale riportato dalla liquidazione del servizio di leva, convince il marito ad acquistare una drogheria che si cede a pochi passi dalla loro nuova abitazione e che potrà dar lavoro a tutti e due.

LA DROGHERIA A PERUGIA
I due coniugi  non lo sanno, ma quella sarà un’idea davvero felice poiché tutta la fortuna degli Spagnoli comincia proprio da una produzione di confetti che i vecchi proprietari della drogheria avevano avviato e che Luisa porta avanti, così come non licenzia il loro operaio, Giuseppe Battaglini, che avrà una parte importante nella formazione professionale della donna.  Sarà infatti lui ad istruirla ai segreti dei dolciumi: un’alunna diligente e fantasiosa che supererà ben presto il maestro. Infatti, Luisa, con l’estro che la contraddistingue, dopo aver imparato il mestiere, sperimenta subito nuovi gusti per i suoi confetti e le sue praline che deliziano il palato dei suoi clienti, facendo aumentare la vendita dei prodotti.  Annibale, lui, appassionato di tecnica, si occupa dei macchinari ed è spesso assente poiché frequenta tutte le fiere alla ricerca delle attrezzature migliori per lavorare i prodotti del loro laboratorio artigianale.
Il 31 luglio del 1903 Luisa dà alla luce una bambina, Maria, che vivrà solo un anno. E, due anni dopo, nascerà Aldo, l’ultimo dei suoi figli.
All’inizio del 1904 gli affari sembrano andare bene per gli Spagnoli. Lui ha appena comperato un nuovo macchinario per la fabbricazione dei confetti che allevia Luisa e il suo operaio dalla fatica di realizzarli a mano e che permette di aumentare considerevolmente la produzione. Dal canto suo, Luisa si dà un gran daffare per soddisfare una clientela sempre più esigente sperimentando nuovi gusti, nuovi ingredienti, nuove forme. Solo che quel macchinario, troppo costoso, finisce per asciugare tutti i loro guadagni e sarà la cognata Maria, moglie del fratello maggiore Nello,  che sta avendo successo con l’”Atelier di moda Maria Cecchini”, a salvare gli Spagnoli da questo momento economico difficile.
ENTRANO NUOVI SOCI
Grazie al prestito di Maria, infatti, la confetteria si rimette in sesto e procede ormai a gonfie vele. Ma un’altra tegola si abbatte sul capo di Luisa. La fabbrica di confetti si è fatta ormai un’affermata clientela che fa gola a tanti. Ad Annibale, i cui rapporti con la moglie sono sempre tesi ed  è spesso fuori per fiere e mercati alla ricerca di derrate e macchinari, frulla una nuova idea per la testa: quella di ingrandire l’azienda chiamando nuovi soci.  Senza dire nulla alla moglie, si mette d’accordo con tre industriali della zona  che sono ben lieti di entrare in questa prosperosa società.   Il 30 novembre del 1907, infatti, davanti al notaio Gasperini di Perugia, Francesco Andreani, Leone Ascoli e Francesco Buitoni firmano la nascita della “Società Perugina” per la fabbricazione dei confetti. Con immenso stupore Luisa ne viene a conoscenza poco prima dell’accordo finale. Non riesce a credere che suo marito possa aver gettato anni del suo lavoro alle ortiche. Tutti e due vi hanno lavorato duro per farla diventare la più pregiata di Perugia e non capisce come Annibale possa aver preso una tale decisione senza pensare all’avvenire dei suoi figli, escludendola inoltre totalmente da questa nuova società. E’ furibonda. Quando si tratta di firmare l’atto notarile si presenta  ̶ non invitata ̶  anche lei e scopre che, al contrario, viene espressamente specificato che i coniugi Spagnoli, esentati dal versare il capitale sociale, forniranno i macchinari e la sede e che, per la loro conoscenza del lavoro e competenza, continueranno a dirigere la manifattura. Quindi Luisa non verrà estromessa ma seguiterà come prima ad occuparsi della sua confetteria. Gli altri soci dovranno invece versare una somma pro capite di 20.000 lire e Francesco Buitoni, industriale già affermato, è nominato rappresentante legale della società.
La fabbrica di confetti
I soci decidono, contro il parere della Spagnoli che preferisce concentrarsi sul mercato locale, di allargarsi a quello del Nord. Dopo un buon avvio, la scelta si rivela ben presto rovinosa. Mentre la gestione oculata di Luisa aveva permesso anno dopo anno di accrescere il capitale, loro, in un solo anno di gestione avventata stavano mandando in rovina l’azienda.  Ecco perché Francesco Buitoni decide di chiamare in azienda il suo terzogenito, Giovanni, che si è appena diplomato ragioniere.
Siamo nel 1909 quando Giovanni entra nella società. Egli è un ragazzo pieno di talento, vivace, energico e che capisce subito i problemi dei soci e dell’azienda. Anche lui come Luisa consiglia di abbandonare il mercato del Nord, già saturo, e di concentrarsi invece su quello locale e meridionale dove non c’è concorrenza.  Gli effetti si fanno ben presto sentire poiché già due anni dopo l’azienda può aumentare la produzione e assumere nuovo personale. Luisa, intanto, si era dedicata alla sperimentazione della cioccolata, un prodotto di lusso destinato ad essere quasi esclusivamente regalato e che viene consumato molto raramente anche nelle case borghesi di quel tempo. E i cioccolatini creati da Luisa, esposti in bella vista nelle vetrine dei migliori negozi di confetterie, cominciano ad essere scelti sempre più dai clienti.
NEL 1913 LA FABBRICA OCCUPA BEN 50 LAVORATORI, DI CUI 14 DONNE
Luisa nello stabilimento ha un doppio ruolo; non solo è la sperimentatrice e creatrice di nuovi prodotti ma è lei ad avere, fin dalla fondazione, un filo diretto con i suoi dipendenti i quali si rivolgono alla donna per qualsiasi necessità. Luisa è consapevole che per ottenere il meglio dalle proprie maestranze bisogna creare un ambiente di fiducia. Ed è per questo che decide di offrire gite aziendali in cui partecipano sia i familiari degli Spagnoli che quelli dei Buitoni. Un’idea davvero simpatica che permette ai dipendenti di sentirsi partecipi delle fortune aziendali.  Non solo, è anche lei ad avere l’idea di organizzare un asilo all’interno dell’azienda per i figli delle sue dipendenti. Una politica che finisce per migliorare sensibilmente il lavoro. I soci, infatti, possono constatare, con grande sorpresa, che lo scarto del materiale nella loro azienda, dopo questi benefit concessi, si è quasi azzerato.
Il giovane Buitoni, che lavora gomito a gomito con Luisa, rimane affascinato dalla sua bella intelligenza e scopre, giorno dopo giorno, le loro numerose affinità, si crea così un feeling che la donna tiene a bada anche se lei apprezza questo ragazzo vivace di ben 14 anni più giovane di lei.
Tutto va bene per la Società Perugina fino allo scoppio della Prima guerra mondiale quando l’Italia, nel 1915, è ormai in piena crisi economica e il governo, nella sua politica di austerità, emette un decreto che vieta il commercio di dolciumi, ritenuto superfluo, una decisione che finirebbe per mettere in ginocchio la Perugina. Solo che, in quel decreto negli ingredienti segnalati come vietati, non è specificato il cioccolato (allora poco conosciuto). E Luisa suggerisce di continuare a far girare le macchine producendo solo questo ingrediente, escludendo quindi confetti e caramelle; grazie a questo stratagemma il loro stabilimento sarà uno dei pochi a prosperare durante tutto il periodo bellico.
All'interno della fabbrica l'asilo voluto da Luisa
Nel 1917-18 Giovanni Buitoni, che si è appena laureato in legge, è chiamato a svolgere il servizio militare. E’ Luisa che prenderà in mano l’Azienda, affiancata da un collaboratore di Giovanni, Edmondo Revere, mentre Annibale, che alterna crisi depressive, continuerà ad occuparsi della parte tecnica. In quel periodo anche Mario, il primogenito dei coniugi Spagnoli, entra a lavorare nello stabilimento. Tra lui e Giovanni scoccherà un’amicizia sincera, duratura.
1920 NEL DOPOGUERRA GIOVANNI BUITONI DIVENTA DIRETTORE DELLA PERUGINA
Finita la guerra, al ritorno di Giovanni dal servizio obbligatorio di leva, per la Perugina cambia tutto. Il ragazzo, infatti, assume il ruolo di Direttore della società per la fabbricazione dei confetti che nel 1920 cambia denominazione. Si chiamerà  “La Perugina – cioccolato e caramelle” spostando il negozio di vendite nel cuore della città.

Nel 1921 Luisa realizza una tavoletta di cioccolata che Giovanni brevetta con il nome di “Tavoletta Luisa”; grazie al suo gusto inconfondibile sarà un prodotto di punta della ditta, capace di resistere alle mode. Ma l’inventività di Luisa non si esaurisce mai, infatti, le viene conferito un encomio per l’allestimento delle vetrine che aveva decorato con bellissimi frutti di pasta di mandorle di dimensioni reali.
Giovanni dal canto suo è uno che vede sempre in grande e decide di andare a Parigi per visitare una fabbrica di cioccolato all’avanguardia. Vuole che Annibale vada con lui poiché ha bisogno di un tecnico o almeno di qualcuno in grado di valutare l’utilità effettiva dei nuovi congegni poiché lui si occupa solo di amministrazione. Ma l’uomo sta attraversando una delle sue solite crisi e non accetta; sarà Luisa ad accompagnare il giovane Buitoni.
A PARIGI NASCE L’AMORE TRA GIOVANNI E LUISA
E Parigi fu galeotta poiché i sentimenti reciproci che erano sempre stati tenuti a bada, esplodono. Luisa e Giovanni, lontano da sguardi indiscreti, in una intimità di coppia mai avuta prima, si lasciano andare alla loro passione. Sarà forse il più bel periodo della loro vita di amanti che non si riprodurrà mai più così intensamente. Per il giovane Buitoni, uomo pieno di vita, di interessi, di successi con le donne, non sarà un amore passeggero, come ne avrà tanti, ma un legame duraturo, sentito, profondo che durerà fin quando Luisa sarà in vita. Luisa  vivrà questa attrazione fatale discretamente, lasciando sempre libero Giovanni; non apparirà mai vicino a lui nelle numerose manifestazioni pubbliche: il suo è stato un sentimento con cui ha combattuto per anni ma che non è riuscita a soffocare.  Le rispettive famiglie malgrado i mille sotterfugi della coppia finiranno per saperlo e, per i Buitoni, lei sarà la compagna di Giovanni, ma non potrà mai accedere al rango di moglie anche perché il divorzio da Annibale allora non era possibile, solo la separazione era consentita, separazione che poi, come vedremo, avverrà.
Ritroviamo quindi i due amanti a Parigi che vivono momenti incancellabili del loro amore ma che non dimenticano di essere lì per lavoro. Infatti esplorano fiere e mercati e, tra le loro visite capitano in un allevamento di conigli d’angora. Come e perché ci siano andati non si sa ma Luisa rimane impressionata da questo allevamento per due motivi, uno per la rudezza e crudeltà con cui vengono trattate le povere bestie quando viene tolto il pelo e, secondo motivo, per la morbidezza e il calore della lana d’angora con cui vengono filati bellissimi indumenti. Mentre Giovanni, lui,  viene colpito dall’originalità dei cartelloni pubblicitari che presentano le mercanzie in modo attraente e invogliante (siamo nel periodo della Belle Epoque).
1922  NASCE IL “BACIO PERUGINA”
Tornato in Italia, Giovanni si mette subito al lavoro per pubblicizzare, come aveva visto fare a Parigi, la “Tavoletta di cioccolata Luisa”, che, ottenendo così grande visibilità, sarà la più richiesta dalla clientela. E Luisa, dal canto suo, realizza quello che sarà il famoso “bacio Perugina”. Un’idea che sarà un giusto connubio tra lei e Giovanni. Infatti, la donna, sempre attenta agli sprechi, aveva deciso di utilizzare gli scarti di cioccolata aggiungendo pasta morbida di cacao e granella di nocciole. Poiché il cioccolatino così confezionato, con una nocciola intera sopra ricoperto di cioccolata fondente, assomigliava ad pugno chiuso, lo chiama “cazzotto”. Ma a Giovanni, uomo galante che ama la dolcezza sotto tutte le sue forme non piace per nulla questa denominazione per un cioccolatino peraltro squisitissimo.  Infatti,  dice lui stesso nel suo libro Storia di un imprenditore: «Come potrebbe una cliente chiedere: mi dà un cazzotto per favore?» Ed ecco il suo genio: li chiamerà “Baci”, “Baci Perugina”.  Un successo immediato, soprattutto tra i giovani che si divertono a chiedere o dare un bacio. Mentre la trovata del bigliettino interno sembra sia scaturita dal fatto che Giovanni e Luisa si scambiavano bigliettini amorosi e che, a un certo punto, uno dei due, visto il successo dei baci, abbia deciso di inserire dentro la confezione belle frasi. Frasi che, d’altronde, già esistevano sulle cartoline che i giovani soldati inviavano alle loro fidanzate e che facevano la gioia degli innamorati.

Poi, sempre Giovanni si dà da fare per lanciare questo prodotto con una campagna pubblicitaria affidata al cartellonista in auge in quel tempo, Francesco Seneca. Seneca prende spunto dal celebre quadro del pittore Francesco Hayez, rendendo, però, più moderna l’immagine dei due innamorati che si scambiano un focoso bacio.  Quel “bacio Perugina” diverrà, con il tempo, l’emblema degli innamorati. E, a quasi cent’anni di distanza, è ancora il prodotto più richiesto nei suoi negozi.
1923 GIOVANNI RIFONDA LA SOCIETA E LIQUIDA I SOCI, COMPRESO ANNIBALE SPAGNOLI
Intanto nella Perugina erano entrati i tre figli di Luisa. Mario, che ha ereditato il palato sopraffino della mamma, è un vero genio. Il ragazzo, gran lavoratore, all’interno della Perugina si era specializzato nel cioccolato, tanto da pubblicare un manuale che rimarrà a lungo come pietra miliare di questa materia. Ma non sarà il solo libro che scriverà poiché egli ha interessi vasti che vanno dalla musica allo sport, dagli animali all’agricoltura, dall’abbigliamento alla scrittura: sarà studioso, inventore e anche affermato industriale.  In quell’anno sposa Eugenia Sarti, una giovane anche lei piena di interessi, figlia di Margherita Orsini e Augusto, titolare della Società Anonima di Elettricità Umbra: sarà un raggio di sole nella vita di Luisa.
Il 1923 segna la fine della “Perugina – cioccolato e caramelle” che rinasce completamente cambiata, come sarà cambiata anche la proprietà che diventa ”PERUGINA” Società anonima per azioni. Annibale cede la quota societaria ai Buitoni. Una resa amara. Dopo il matrimonio di Mario, la sua ultima uscita pubblica con Luisa, si era ritirato nella sua casa paterna di Assisi, sempre più depresso. Usciva solo per andare dall’avvocato a cui consegna, tra l’altro, anche una memoria piena di livore dove precisa di aver perso in un colpo solo la fabbrica, il lavoro e la moglie poiché Annibale e Luisa si stanno separando legalmente.  Dopo varie battaglie si addiviene ad un compromesso: Annibale, in cambio della sua quota riceve dai Buitoni una somma di un milione e duecento mila lire che l’uomo poi intesterà ai suoi figli.
Dopo questo accordo, Francesco Buitoni, il patriarca, assumerà la carica di Presidente, mentre il Consiglio di Amministrazione sarà formato da Giovanni Buitoni insieme a Silvio Buitoni e a Luisa Spagnoli.
Una grande soddisfazione per Luisa, a cui vengono riconosciuti i suoi meriti, ma anche perché sono pochissime le donne nei Consigli di Amministrazione del tempo. Alla donna, inoltre, verrà affidata la direzione di due importanti reparti: lavorazione e confezioni di lusso. Infatti, la Perugina sarà la prima ditta a realizzare scatole di lusso per la confezione dei propri cioccolatini. Anche Mario Spagnoli, il figlio, diventato ormai un grande esperto dell'organizzazione scientifica del lavoro, i cui  preziosi consigli saranno scrupolosamente seguiti da Giovanni Buitoni, diverrà direttore tecnico dello stabilimento.  
La Perugina, fiore all’occhiello dell’industria italiana, verrà visitata anche da Benito Mussolini che esclamerà: «Vi dico e vi autorizzo a ripeterlo, che il vostro cioccolato è veramente squisito». Giovanni, in futuro sarà anche podestà della città e poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale andrà in America, dove la Buitoni avvierà altre fabbriche, facendo ritorno a Perugia solo dopo più di 10 anni.
1924-1927
Nel 1924 Luisa e Annibale si separano legalmente. Ma la relazione con Giovanni rimane segreta. Anche se veniamo a conoscenza dei rapporti all’interno della famiglia da uno scritto di Bruno Buitoni, figlio del fratello di Giovanni, il quale precisa che da piccolo gli era proibito chiamare la donna “zia” malgrado fosse considerata moglie di Giovanni. Infatti, ricorda in particolare una riunione in cui erano presenti tutti i fratelli del padre con le rispettive mogli che chiamava zie, ad eccezione di Luisa. Una proibizione che il bambino di allora non riusciva a capire, cosa che, invece,  gli fu chiara più tardi.
Intanto la Perugina, sotto la guida di Giovanni e lo spirito creativo di Luisa, fino al 1926 macina guadagni e successi. Giovanni viaggia, si interessa di mille cose, ma anche Luisa ha una vita intensa. La vediamo al volante di un’automobile con il figlio a fianco: è probabilmente una delle prime donne in Italia a guidare un veicolo a motore. Anche se è una persona schiva, che si mostra raramente in pubblico, sia dalle maestranze che dalle persone che la conoscono, la donna  è circondata da rispetto e stima per quello che riesce a fare. All’interno della Perugina, con il consenso di Giovanni, mette in atto molte attività per migliorare la vita dei suoi dipendenti concedendo per esempio il congedo maternità o istituendo una scuola di “buon governo della casa”, corsi di lingua straniera, un club sportivo e una filarmonica, ma gli interventi più importanti sono la realizzazione di una cassa-mutua per la tutela del dipendente in malattia e una cassa interna per il deposito dei loro risparmi.
Luisa con il figlio
NASCE L’ANGORA “SPAGNOLI”
Dal 1926, le leggi autarchiche messe in opera da Mussolini si fanno sentire, in particolare per i rifornimenti del cacao. Ecco perché la donna crea le caramelle. Ma, soprattutto, vi è un altro settore a cui pensa. Infatti, questa legge autarchica se produce effetti negativi sulla Perugina, apre mercati insperati per lei e suo figlio Mario che sta sperimentando l’allevamento dei conigli di angora.  Luisa, da Parigi si era fatta spedire qualche coppia di conigli per il ragazzo, appassionato di animali e che possedeva un mini zoo nella loro tenuta. Mario, saputo del brutale trattamento a cui erano sottoposte le bestie, per recuperare il loro pelo aveva inventato un pettine che permetteva di raccogliere la lana d’angora pettinando con delicatezza i conigli, senza ferirli e produrre, così, un ottimo filato che lei e le sue lavoranti stavano sperimentando con successo da due anni. Una produzione che va all’incontro delle leggi fasciste poiché permette l’emancipazione sia dalla carne che dalla lana. 
Pettinatura dei conigli
E per Luisa e suo figlio non ci sono dubbi, è arrivato il momento di lanciarsi nell’avventura dello sfruttamento industriale della lana d’angora, grazie al pettine di Mario che permette di recuperare un filato di altissima qualità. Inoltre le loro operaie potranno lavorare la lana direttamente da casa continuando a badare alle faccende domestiche e alla numerosa figliolanza. E Luisa, che si è sempre adoperata per il benessere dei suoi dipendenti, apprezza  in particolare questa opportunità.
 “L’Angora Spagnoli” nasce nel sobborgo di Santa Lucia, vicino a Perugia,  per la creazione di scialli, boleri, guanti e indumenti alla moda, messi a punto da Luisa,  i cui primi modelli saranno presentati alla Fiera di Milano del 1930 e che saranno segnalati come “ottimi prodotti”, anche se ci vorrà ancora qualche anno prima che il decollo vero e proprio dell’azienda possa avvenire.
Sarà Mario, che ha ereditato l’estro creativo e imprenditoriale della madre, a trasformare l’attività in una vera e propria industria dell’abbigliamento, aprendo il primo negozio a Perugia nel 1940, cinque anni dopo la morte di Luisa. Grazie alla sua attività, negli anni Cinquanta, i conigli d’angora, allevati direttamente da molti contadini, permisero di dare lavoro a tante famiglie poiché gli allevamenti arrivarono a quasi ventimila. Dopo Mario sarà suo figlio Lino, nel 1953 ad assumere la direzione della “Luisa Spagnoli”. Dal 1986 Lino passerà il timone a suo figlio Mario e sua figlia Nicoletta, l’attuale Amministratore delegato che sembra anche lei aver ereditato le doti della sua bisnonna.
LUISA STA MALE
E’ proprio quando è impegnata a preparare il decollo dell’”Angora Spagnoli” che Luisa accusa i primi sintomi della malattia che la porterà alla morte. Da vario tempo soffre di mal di gola, refrattario ad ogni cura. Le viene diagnosticato un tumore alla gola in stato avanzato. In un primo momento Giovanni la porta da un grande  luminare di Nizza che la opera, ma Luisa continua a star male con dolori fortissimi. Allora Giovanni si mobilita subito e  l’accompagna a Parigi  all’Ospedale Lariboisière dove i medici cercano di alleviare almeno le sue sofferenze.  A Parigi Giovanni è di casa poiché ha appena aperto una filiale, la “Société française des Produits Buitoni”,  ed ha chiamato a dirigerla Armando, secondogenito di Luisa.  
Luisa Spagnoli si spegne il 21 settembre del 1935 nelle braccia di Giovanni che, solo dopo la morte della sua compagna esce dal riserbo e rivela i sentimenti che lo legavano alla donna. Scrive infatti ad un amico: «Ho perso la compagna preziosa incomparabile del mio lavoro e la dolcissima compagna della mia vita».
Ai dipendenti della Perugina la notizia è divulgata ad esequie avvenute e Giovanni stila personalmente il necrologio che inizia così: «A tutti i miei collaboratori della “Perugina” con l’animo pervaso dalla commozione più profonda, rivolgo i ringraziamenti più affettuosi del Consiglio di Amministrazione e i miei personali [--]». E della donna che ha amato e che ha guidato l’industria sottolinea nella lettera che Luisa Spagnoli ha dato prova della sua fortissima tempra durante la guerra quando fu costretta a governare, da sola e con salda mano la Perugina. Poi continua il suo messaggio dicendo che: «Ella aveva creato ogni reparto: ogni lavorazione, ogni confezione, ogni innovazione, era dalla sua intelligenza di eccezione e dal suo singolare intuito, studiata, modificata, perfezionata: poi, con lunghezza di vedute non comune, aveva saputo astrarsi dal particolare per salire e portare il prezioso contributo della sua esperienza nel Consiglio di Amministrazione e nella Direzione generale della Società. E tutti i reparti ella aveva, uno ad uno, praticamente lasciato, affidandoli nelle mani dei suoi degnissimi figli: solo un reparto aveva tenuto per sé. Era il reparto bontà, umanità, comprensione».
E Giovanni aveva ragione perché Luisa si era adoperata tanto nelle attività benefiche aiutando orfanotrofi, scuole, istituti religiosi. In particolare preferiva aiutare chi le stava intorno ecco perché si era preoccupata dei bambini dei suoi operai rimasti orfani mandandoli in collegio e sostenendo i loro studi.
Per volere dei figli il corpo di Luisa Spagnoli viene riportato a Perugia, la sua città.
E GIOVANNI SE NE VA IN AMERICA
Dopo la scomparsa di Luisa mi sono chiesta: «Ma Giovanni si è sposato?». Una domanda a cui non trovavo risposta fino a quando non sono capitata sul blog di Fausto Braganti  che tra l’altro aveva diretto la filiale Buitoni a Boston nel 1990 e che sottolinea come in America la presenza di Giovanni Buitoni si facesse sentire nella memoria di tanti anche da morto.
Racconta infatti Braganti che Giovanni allo scoppio della Seconda guerra mondiale se ne andò negli Stati Uniti per seguire lo stabilimento che la Buitoni stava aprendo a Hackensack  e non ritornò più in Italia fino al 1955. 
Il vento era girato e, in quel periodo,  fu dura per tutti quelli che avevano sostenuto, nel bene e nel male, il regime mussoliniano per cui il capitano d’industria Giovanni Buitoni, che era stato podestà di Perugia, ritenne più saggio rimanere oltre oceano.
Giovanni Buitoni con la moglie Letizia
Negli Stati Uniti vediamo dalle foto l’uomo accompagnato da Letizia, sua moglie, una donna  bella, elegante, sofisticata. I due erano diventati il punto di riferimento di tutta l’élite italiana di New York. Infatti erano entrati nel giro dell’alta società newyorkese, quella che era di casa al Waldorf Astoria o al St. Regis, lei sempre con hautes coutures di grandi firme e lui sempre in un impeccabile frack, come ci racconta Braganti.
Barbara Bertolini©2017 tutti i diritti riservati.
Bibliografia:
Giovanni Buitoni, Storia di un imprenditore, Longanesi, Milano 1973
Bruno Buitoni, Pasta e cioccolato : una storia imprenditoriale / Bruno Buitoni, intervista di Giampaolo Gallo, Protagon, Perugia 1992;
M. Letizia Putti, Roberta Ricca La signora dei baci. Luisa Spagnoli, Graphofeel, 2016;
Siti:
Film RAI 1:






2 commenti:

  1. Ritmo sostenuto e ricchezza dei dettagli fanno di questa biografia l'epopea di una guerriera moderna, un'eroina mai piegata, che, grazie alle sue doti di intuito e perspicacia e alla sua inflessibile determinazione, è riuscita a essere a pieno titolo un "capitano d'industria" come se ne sono visti pochi all'orizzonte nel passato e nel presente. Sinceri complimenti alla biografa per il laborioso scavo e l'empatia che trasmette ai lettori!

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  2. Grazie Rita, tu lo sai che quando scriviamo le nostre biografie ci facciamo coinvolgere dalle personalità di queste donne davvero eccezionali...

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